I quattro libri dell'architettura (1790)/Libro I - VIII

Libro I - Capitolo VIII

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CAPITOLO VIII.

Dei Fondamenti.


DEvono essere le fondamenta il doppio più grosse del muro, che ha da esservi posto sopra; ed in questo si doverà aver riguardo alla qualità del terreno, ed alla grandezza dell’edificio, facendole anco più larghe ne’ terreni mossi e men sodi e dove avessero da sostentare grandissimo carico. Il piano della fossa deve essere uguale, acciocchè il peso prema ugualmente e non venendo a calare in una parte più che nell’altra, i muri si aprano. Per questa cagione lastricavano gli Antichi il detto piano di Tevertino e noi siamo soliti a ponervi delle tavole, ovvero delle travi e sopra di quelle poi fabbricare. Si fanno le fondamenta a scarpa, cioè che tanto più decrescano, quanto più s’innalzano; in modo però, che tanto da una parte sia lasciato, quanto dall’altra, onde il mezzo di quel di sopra caschi a piombo al mezzo di quel di sotto. Ciò si deve osservare ancora nelle diminuzioni de’ muri sopra terra: perciocchè in questo modo la fabbrica viene ad avere molto maggior fortezza, che facendosi le diminuzioni altrimenti. Si fanno alcuna volta (massimamente nei terreni paludosi, dove intervengano colonne) per minorare la spesa i fondamenti non continuati, ma con alcuni volti e sopra quelli poi si fabbrica. Sono assai lodevoli nelle fabbriche grandi alcuni spiragli per la grossezza del muro dalle fondamenta sino al tetto, perciocchè danno esito a’ venti, che meno diano noia alla fabbrica, scemano la spesa e sono, di non piccola comodità, se in quelli si faranno scale a lumaca, le quali portino dal fondamento fino alla sommità dell’edifizio.