I cani/I cani nella medicina

19. I cani nella medicina

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19. I cani nella medicina
Il cane di Ulisse Malattie dei cani


Esculapio nacque da genitori ignoti e, in mancanza di ospizi per l’infanzia abbandonata che in quei tempi non si conoscevano ancora, quei genitori, o chi per essi, lo portarono nella radura di una foresta, e ve lo lasciarono senz’altro.

I vagiti del povero bambino furono uditi da alcuni cacciatori che si aggiravano là intorno, i quali accorsero, lo sollevarono dal suolo, e subito accostarono le sue labbra ai capezzoli della turgida mammella di un cagna che li seguiva. Il bambino poppò, e si fu col latte di questa e d’altre cagne che il piccolo Esculapio poté arrivare a mettere i denti. Cresciuto, egli imparò la medicina dal centauro Chirone, e ci riuscì per modo che anche oggi i medici, quando si vuol parlare poeticamente, si chiamano i figli di Esculapio.

Questo fatto nell’antichità è stato messo in rapporto colle virtù medicinali del cane, alle quali si credette molto, come si crede anche oggi.

In «Venere e Adone» di Shakespeare, è menzionata la potenza medicatrice della lingua del cane, atta a guarire, leccando, ogni sorta di piaghe.

Ulisse Aldovrandi fa una enumerazione delle virtù medicinali di tutte le parti del corpo del cane, incominciando dal capo, tenendo conto delle ossa polverizzate del cranio, poi della polpa del cervello, poi avanti, a poco a poco, fino alla coda. Secondo il suo solito, con mirabile brevità il Brehm ha riassunto in poche parole ciò che si trova in proposito sparso per molti volumi; e io riferisco qui testualmente le parole di questo autore.

«Viene veramente da ridere leggendo le ricette medicinali che gli antichi scrittori spacciavano di rimedi ricavati dal cane. A dir vero, il cane era tutto una farmacia. Plinio principalmente è instancabile nella enumerazione delle sue virtù sanatorie. Oltre lui, Sesto, Ippocrate, Galeno, Favenzio, Marello, Bonzio, Esculapio ed Amato non rifiniscono di vantare le sue virtù. Un cane vivo, applicato in caso di dolori di petto, fa meraviglia; se è sminuzzato ed applicato sul capo d’una donna ipocondriaca, giova di certo contro la ipocondria. Secondo Sesto, guarisce persino le malattie della milza. Cotto con vari aromi e mangiato, è un rimedio eccellente contro la epilessia, ma deve essere un cane poppante, cucinato colla mirra e col vino. Un giovane can da caccia giova nelle malattie di fegato. Se una donna che ha già figliato diventa sterile, la sua debolezza risana coll’uso della carne di cane cotta. La carne tendinosa è un preservativo contro la morsicatura dei cani. La cenere di un cane bruciato e ridotto in polvere giova pel male agli occhi, e se le sopracciglia ne vengano fregate acquistano il più bel nero. La carne salata di un cane arrabbiato giova contro la rabbia. La cenere del cranio di un cane sano è utile contro le escrescenze carnose, risana il canchero, preserva dalla rabbia e presa con un po’ d’acqua internamente addolcisce il mal di punta e le enfiagioni di ogni sorta, ecc.; la cenere del cranio d’un cane arrabbiato è buona contro l’itterizia e il male di denti. Il sangue di cane è anche variamente adoperato. Eccellente contro la rogna, guarisce l’asma ai cavalli, bevuto in copia è un antidoto utile per tutto; e se ne viene intonacata una casa, la difende contro le più diverse malattie. Il grasso serve a far scomparire dal viso le voglie e le macchie; rende feconde le donne sterili; ma perciò il cane deve essere cotto intero, e il grasso schiumato dal brodo; contro la paralisi si adopera quale unguento, ma deve allora provenire da un cane giovane; unito al vermut risana la sordità. Il cervello del cane spalmato sopra una tela è buono per le gambe rotte, e giova anche per la debolezza degli occhi. Il midollo delle ossa giova nell’esostosi e le enfiagioni. La milza è eccellente contro l’infiammazione e i dolori di milza; più efficace se è stata presa su di un cane vivo. Il fegato crudo è raccomandato contro la rabbia; ma dev’essere sempre tolto ad un cane del medesimo sesso di quello che ha morsicato. Contro la medesima infermità si adoperavano anche i vermiciattoli della carogna di un cane arrabbiato. Il cuoio serve contro il sudore dei piedi; una triplice collana preserva dall’angina; una cintola impedisce le coliche. Il pelo del cane, avvolto in un pannolino e legato sulla fronte, calma i dolori di testa, preserva dalla rabbia, e la risana se è applicato sulla ferita causata dal cane arrabbiato. Il fiele unito al miele è un unguento per gli occhi, giova anche per la serpeggine e per la podagra se viene steso con una penna e non colla mano; rende pure eccellenti servigi nell’intonacare le case. Il latte è bonissimo bevuto; misto al salnitro giova per le labbra; misto alle ceneri fa crescere i capelli, ed aiuta i parti difficili. L’orina dei cani giovani è, se purificata, un mezzo di levare i peli esuberanti. Coi denti si fregano le mascelle dei bambinelli, e si facilita così la dentizione. Se si getta nel fuoco il dente canino superiore sinistro, i dolori di denti scompaiono, appena il fumo è disperso; quel dente ridotto in polvere e misto al miele sana anche i medesimi dolori. Lo sterco produce un impiastro eccellente pei tumori, giova contro l’angina e la dissenteria. Ma chi vorrebbe narrar tutto! E degno di nota che oggi ancora molti di questi farmaci sono in onore presso i campagnuoli».

Una singolare pratica medica, nella quale il cane ha una parte importante pel riguardo del pronostico, fu proposta, adoperata, raccomandata da Chironide, ed ebbe, come si dice, il suo quarto d’ora di favore. La pratica è questa: si prende un po’ di farina impastata, si applica sulla faccia, sulla regione delle mammelle, e sugl’inguini del malato; si lascia questa pasta un certo tempo, poi si toglie, e si dà a un cane. Se il cane la mangia è segno che il malato guarirà, se ricusa di mangiarla, è pronostico di morte.