Gli invisibili/Perché scrivo
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Genova, Febbraio
Questo mio piccolo libro, denso di fatti e di ragionamenti, farà pensare.
Ogni pensiero susciterà dubbi d’ogni sorta: eppure l’anima mia, scrivendo, è sgombra d’ogni dubbiezza: la mente è tutta vibrante d’energia e di serenità, come se una primavera di luci, di verità, di bellezze ideali prorompesse gaia da tutte le misteriose profondità dell’essere, infondendomi una gioia di vita interiore che non saprei descrivere.
Giusto, è carnevale: e molta brava gente prova gusto a mascherarsi, nelle fogge più strane: invece, io provo una voluttà indicibile nel buttar via ogni maschera d’ipocrisia sociale: e spalancare il cuore, come uno sportello.
In Italia, ma soprattutto all’estero - osservò acutamente il Petruccelli, in una sua vecchia monografia sopra la colonia italiana a Parigi - ogni italiano porta abitualmente sopra il suo viso una maschera: ma se vi riesce d’alzar quella maschera, scoprite spesso un viso nobilissimo, quale nessun altro potrebbe vantare.
L’osservazione, vera e profonda, si rannoda da una parte alla legge biologica del mimetismo, dall’altra alle tradizioni storiche del nostro popolo.
Non si attraversa impunemente una serie di secoli, in cui la vita sociale è lacerata di continuo da fazioni atroci, da crudeli gare di feroci oligarchie, dalle guerre intestine e di conquista, dalle ferree compressioni d’ogni coscenza, in mezzo a ogni maniera di pericoli e d’insidie, senza che qualchecosa d’atavico s’imprima nel carattere.
Tutto che siano o paiano cangianti i tempi, noi nasciamo ancora col senso acuto della dissimulazione, perché ci sentiamo tuttavia ravvolti in un formidabile ingranaggio d’interessi, di passioni, di pregiudizi, di tirannie morali, e prima di liberare pubblicamente una verità che possa urtare qualcuno o qualche cosa, riflettiamo:
- Mi gioverà o mi produrrà del danno?
- E ricordiamo, con paurosa amarezza, che Salomone di Caus, il rivelatore della forza motrice del vapore, fu mandato al manicomio: che quando Gray propose d’applicare la scoperta di Watt alle ferrovie, tutti i dotti gli gridarono essere una chimera: che lo stesso grande chimico Dawy dichiarò impossibile l’illuminazione a gas: che l’immenso accademico Babinet battezzò il telegrafo Morse una invenzione stupida e ridicola...
Tutta una serie di buaggini umane, che poco assai conforta ad affrontare il misoneismo della folla e la rabbiosa reazione degli sfruttatori dell’ignoranza pubblica.
Pure, io scrivo, senza esitare, con una libertà di coscienza salda come cristallo di rocca, sopra cui scivoleranno, impotenti, astiose critiche o facili sarcasmi.
Sento che questo libro sicuramente è un’azione onesta: e sento ancora che questo libro può essere un’azione benefica.
Farà pensare, ripeto: ma nell’onda folta e agitata dei pensieri, sentirete fiorire qualche cosa d’insolitamente bello, di soavemente buono: qualche cosa che vi farà dire:
- Strana malìa! non so come, non so in che, ma mi sento migliore.