(Al signor duca del Maine)
Di nulla sente amor la fanciullezza,
ma dié sublimi prove
dell’alma sua divina
nell’amor, nel piacer, nella dolcezza,
un figliolin di Giove.
In lui l’amor e insieme la ragione
precorrevano il tempo, il tempo, ahimè!
che ha l’ali preste e porta ogni stagione
fin troppo presto a me.
Flora, la bella dea dagli occhi belli,
e dalle grazie care,
a lui l’arte d’amare
ecco gl’insegna e non tralascia nulla.
Pianti, sospiri e tenerezze e dolce
soavità che il cor agita e molce
tutto insegnò l’amabile fanciulla,
e tutto apprese il giovincel divino,
a cui diede il destino
e mente e cor e nobili costumi,
che i figliuoli non han degli altri numi.
Costui sì bene dell’amor la scienza
trattò, che avresti detto
ch’era in lui questïon d’esperienza,
tanto pareva nell’amor perfetto.
Ma Giove, a cui sta a core
dare al fanciullo un po’ d’educazione,
fa raccoglier gli Dèi e: - Amici, è vero, -
dice, - che il mondo intero
ho guidato fin qui solo padrone,
ma per questo figliol, ch’è sangue mio,
io voglio ch’ogni dio,
poiché il bambin è del mio sangue nato,
m’aiuti a farlo dotto e scozzonato.
Per meritar la stima de’ suoi pari
bisogna ch’egli impari, o finga, in tutto
d’essere bene instrutto -.
Appena Giove ebbe finito, un grande
schiamazzare per l’etere si spande.
- A me l’onor, - subito grida Marte, -
d’insegnargli dell’armi il gioco e l’arte,
per cui tanti mortali e invitti eroi
seggono ancor fra noi.
- A lui sarò maestro di chitàra, -
soggiunse il biondo ed erudito Apollo.
Quel dio, che tiene d’un leone al collo
la pelle, aggiunse: - Alla tua prole cara
io forte insegnerò
come domar si può
le sue passioni e vincere
le più feroci ambasce
e l’idra che rinasce
sempre nel cor. Vedrà
che per sentier insolito,
per infinite asprezze
e non fra le carezze
alla virtù si va -.
Sorse Cupido: - Ed io, -
disse d’amore il dio, -
tutto gl’insegnerò, che tutto apprende
ardente cor ch’ha di piacer desio.