Galateo ovvero de' costumi/Lettere dedicatorie/Lettera ai lettori
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Eccovi humanissimi Lettori un Volume di Rime, et di Prosa nella nostra volgar lingua scritte, molto per quel, che io odo, da voi aspettato, et disiderato; il qual ritroverete in tre arti distinto. Nella prima le Rime, nelle due seguenti sieno le Prose.
Intorno a che io potrei di molte cose avertirvi, lequali, come soverchie, mi passerò con silentio, per la grande opinione, che io del vostro buon giudicio tengo; confidandomi, che nella lettura di queste cose voi non userete meno gli occhi della benignità, che quelli della censura et del rigore.
Vengo hora a dirvi quello, che alla presente fatica m'ha mosso, et cio è stato per sodisfare in parte, et quanto per me si puote il piu, al gran disiderio, che io intendo indifferentemente trovarsi in tutti voi, di hoggimai vedere et leggere alcuna delle scritture di questo nostro celebratissimo Autore: sapendo voi quanto egli, mentre e visse, fu diligente et accurato scrittore, si puo dire, in ciascuna delle tre lingue piu belle; et spetialmente nella Latina, et in questa nostra Thoscana, nellaquale, come voi sapete, egli nacque, per seguire in cio l'ordine della medesima natura: con disegno di darvi appressi di mano in mano tutto il rimanente.
Comeche all'aspettatione vostra, per mio aviso, sia per parere assai poco quello cotanto, che io potrò darvi oltre accio: non havendo io da molti suoi Latini componimenti che alle mie mani son pervenuti, potuto ritrarre altro, che finito, o compiuto, dire si possa, che un Volume, di Versi somigliantemente, et di Prose mescolato, non guari maggior di questo, che hora vi si dona.
Ne di cio doverà prender maraviglia alcuno, che de gli studi di lui piena contezza havuto habbia: percioche lo scrivere et componer suo infino all'hora, che egli ci lasciò, era per lo piu stato a diporto suo, et per essercitio et profitto delle altre opere, che egli in parte incominciate, parte nella mente concepute havea.
Ora per ragionare alcuna cosa con voi intorno a questo presente volume; Dico, che le Rime, le quali nella primiera parte sono; furono per diverse cagioni, et in diversi tempi dallui dettate: quali nella sua prima età, per a qualche suo giovenile appetito sodisfare; quali ad instantia d'amici et di Signori, che nel richiedevano: et quali astretto dalla necessità del rispondere alle altrui Rime, che gli erano scritte et mendate: molte etiandio ne dettò, per sua propria divotione et compuntione: si come in leggendole assai manifestamente si pare.
L'oratione, che dopo le Rime segue, et la seconda parte della distintion del Libro fae, non ha mestiero di mia, o d'altrui dichiaratione, per dimostramento dell'affetto, che a quello argomento prendere l'indusse, percioche la materia per se stessa il manifesta a chiunque la legge.
Seguita appresso Il Galatheo, che la terza et ultima parte è, et compie il Volume: il quale come havesse luogo, altresì dasestesso si dichiara, nominandosi per Autore, et occasione del medesimo Trattato. Ma percioche voi peraventura chi questo Messer Galatheo si fosse, volentieri intendereste; io il vi dirò, et come il fatto adivenisse brievemente vi farò chiaro. Ciascuno di voi puote alcuna volta havere udito ricordare Messer Galeazzo Florimonte al presente Vescovo di Sessa, degno per la sua dottrina, et per li suoi costumi, et per la bontà et sincerità della sua natura, et vie piu per la vera pietà Christiana et ottima Religione, che in lui si truovano, di molto maggior grado et maggior fortuna, che egli non ha.
Avenne adunque, che ritrovandosi egli un giorno in Roma con l'Autor nostro, (che assai sovente accadea loro di essere insieme, come quelli, che in amore et vicendevole benivolenza erano congiuntissimi et domestichissimi;) d'uno in altro ragionamento passando, vennero a dire del vivere civile et politico, et della leggiadra et convenenza de costumi, et delle sconcie et laide maniere, che gli huomini usano bene spesso infra di loro: alla fine soggiunse il Vescovo, che allui molto a grado sarebbe di vedere intorno a modi che la gente nell'usanza comune dee tenere o schifare, un Trattatato nella nostra volgar favella, accioche piu largamente comunicar si potesse; ma che l'amerebbe vie meglio nello stile di lui che d'altro scrittore, che egli a quel tempo conoscesse: et che disponendosi esso accio fare, egli lo participerebbe d'alquanti avertimenti dallui sopra cio raccolti, nel tempo, che egli andò per lo mondo peregrinando, et visitando le Corti de gli Re, et de Prencipi, et d'altri gran Signori; et massimamente in Verona, in casa quel buono et santo Vescovo Giberti; laquale fu appunto uno Asilo de piu dotti, et de piu costumati, et insieme de piu religiosi houmini di quel secolo; si come è manifesto a ciascun che'l conobbe. Perche il nostro Autore, accettato lo'nvito, et la offerta, si diede, come prima potè, a metterla in essecutione: ilche quanto felicemente gli succedesse; vostro ne doverà hora essere il giudicio, et non mio.
State sani, et di me ricordevoli; se tanto o quanto questo nostro Volume, vi gioverà d'haver letto.