Fioretti di San Francesco/Capitolo quarantatreesimo
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CAPITOLO XLIII.
Il detto frate Currado da Offida, mirabile zelatore della evangelica povertade e della regola di san Francesco: fu di sì religiosa vita e di sì grande merito appresso Iddio, che Cristo benedetto l’onorò nella vita e nella morte di molti miracoli; tra’ quali una volta, essendo venuto al luogo d’Offida forestiere, li frati il pregarono per l’amor di Dio e della caritade, che egli ammonisse uno frate giovane che era in quello luogo, lo quale si portava sì fanciullescamente e disordinatamente e dissolutamente, che li vecchi e li giovani di quella famiglia turbava dello ufficio divino, e delle altre regolari osservanze o niente e poco si curava. Di che frate Currado, per compassione di quello giovane e alli prieghi de’ frati, chiamò un dì a sparte il detto giovane; e in fervore di carità gli disse sì efficaci e divote parole di ammaestramento, che con la operazione della divina grazia, colui subitamente divento di fanciullo vecchio di costumi, e sì obbediente e benigno e sollecito e divoto, e appresso sì pacifico e servente, e ad ogni cosa virtuosa sì studioso, che, come prima tutta la famiglia era turbata per lui, così per lui tutti n’erano contenti e consolati, e fortemente l’amavano. Addivenne, come piacque a Dio, che dipoi, dopo questa sua conversione, il detto giovane si morì; di che li detti frati si dolevano; e pochi dì poi dopo la sua morte, l’anima sua apparve a frate Currado; istandosi egli divotamente in orazionę dinanzi allo altare del detto convento, e sì lo saluta divotamente, come padre; e frate Currado il domanda: chi se’ tu? Rispuose quello e disse: Io sono l’anima di quello frate giovane, che morì in questi dì. E frate Currado disse: O figliuolo mio carissimo, che è di te? Risponde quello: Per la grazia di Dio, e per la vostra dottrina, ènne bene; perocchè io non sono dannato: ma per certi miei peccati, li quali io non ebbi tempo di purgare sufficientemente, sostengo grandissime pene di Purgatorio, ma io priego te, padre, che come per la tua pietà mi soccorresti quando io era vivo, così ora piacciati di soccorrermi nelle mie pene dicendo per me alcuno Paternostro; chè la tua orazione è molto accettevole nel cospetto di Dio. Allora frate Currado, consentendo benignamente alle sue preghiere, e dicendo per lui una volta il Paternostro con requiem aeternam, disse quella anima: O padre carissimo, quanto, bene e quanto rifrigerio sento! ora ti priego che tu lo dica un’altra volta. E frate Currado il dice; e detto che l’ebbe, dice l’anima: Santo padre, quando tu ori per me, tutto mi sento allieviare; ond’io ti priego, che tu non resti di orare per me. Allora frate Currado, veggendo che quella anima era così ajutata colle sue orazioni, si disse per lei cento Paternostri e detti che gli ebbe, disse quella anima: Io ti ringrazio, padre carissimo, dalla parte di Dio, della carità, che hai avuta verso di me; imperocchè per la tua orazione io sono liberato da tutte le pene, e sì me ne vo al Regno Celestiale: e detto questo, si parti quell’anima. Allora frate Currado, per dare allegrezza e conforto alli frati; recitò loro per ordine tutta questa visione. E così se n’andò in paradiso quell’anima di quello fanciullo, per li meriti di frate Currado.