Filocolo/Libro terzo/50

Libro terzo - Capitolo 50

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Li due mercatanti vedendo questo, dolenti oltre misura, lasciando ogni altro affare, corsero in quella parte, e di grembo a Glorizia la levarono, e lei non come comperata serva, ma come cara sorella si recarono nelle braccia, e con preziose acque rivocarono gli spaventati spiriti a’ loro luoghi, e così cominciarono a parlare a Biancifiore: - O bellissima giovane, perché sì ti sconforti? Perché piangendo e con ismisurato dolore vuoi te e noi insieme consumare? Deh, qual cagione ti conduce a questo? Piangi tu l’avere abandonato il vecchio re, il quale, pieno d’iniquità e di mal talento, più la tua morte che la tua vita disiderava? Tu di questo ti dovresti rallegrare. E forse che ti pare che la fortuna miseramente ti tratti, però che tu a noi costi la maggior parte de’ nostri tesori, parendoti dovere avere preso nome di comperata serva, sotto la qual voce non pare che lieta vita si deggia poter menare; ma certo da tale pensiero ti puoi levare, però che noi non guarderemo mai a’ donati tesori per te, ma, conoscendo la tua magnificenza, in ogni atto come donna ti onoreremo. E se forse ti duole il dover cercare nuovi liti, imaginando quelli dovere essere strani e voti di varii diletti, de’ quali forse ti pareva la tua Marmorina piena, certo tu se’ ingannata, però che colà ove noi ti portiamo è luogo abondevole di graziosi beni, pieno di valorosa gente, nel quale forse la fortuna ti concederà più tosto il tuo disio che fatto non ti avrebbe onde ti parti: però che noi spesso veggiamo che quelli luoghi che paiono più atti a uno intendimento d’un uomo o d’una donna, quelli sono quelli ne’ quali mai tale intendimento fornire non si può; e così ne’ non pensati luoghi avviene che l’uomo ha quello che ne’ pensati disiderava. I futuri avvenimenti ci sono nascosi. Il primo aspetto delle cose doni speranza di quello che dee seguire: tu ricca, tu graziosa, tu bellissima! Le quali cose pensando, manifestamente si dee credere che gl’iddii a grandissime cose t’apparecchiano e che in te non dee potere lunga miseria durare. Piangano coloro a’ quali niuna speranza è rimasa. Noi ti preghiamo che tu ti conforti, con ciò sia cosa che noi manifestamente conosciamo che con aperte braccia felicità non pensata t’aspetta, alla quale gl’iddii tosto te e noi con prosperevole tempo, come cominciato hanno, ci portino -.