Libro terzo - Capitolo 17
La fortuna, non contenta delle tribulazioni di Florio, condusse Fileno a Montoro pochi giorni poi la ricevuta vittoria. Il quale là onorevolemente ricevuto da molti, nella gran sala del duca, incominciò a narrare a’ giovani cavalieri suoi amici quanto fosse stato l’acquistato onore, disegnando con parole e con atti quanta forza e ingegno adoperasse per ricevere in sé tutta la vittoria, come fece. Poi, entrati in altri diversi ragionamenti, venuti a parlare d’amore, similemente sé propose esser assai più che altro innamorato, e di più bella donna, e come da lei niuna grazia era che conceduta non gli fosse se domandata l’avesse; e dopo molte parole disavedutamente gli venne ricordata Biancifiore. E Florio, che non era troppo lontano, e avea udite tutte queste cose, e piagneasi in se medesimo d’amore, che lui peggio che alcuno altro innamorato trattava, come udì ricordare Biancifiore, e per le precedenti parole conobbe lei essere quella donna di cui Fileno tanto si lodava, incontanente cambiato nel viso si partì da’ compagni tacitamente, e stato per picciolo spazio, ritornò nella sala con l’usato viso, e amichevolemente verso Fileno se n’andò. Il quale come Fileno il vide, levatosi in piè con quella reverenza che si convenia, incontro gli si fece. Allora Florio, per più accertarsi di ciò che sapere non avria voluto, mostrando di volere d’altre cose parlare con lui, presolo per lo braccio, sanza altra compagnia nella sua camera il menò. E quivi amenduni postisi a sedere sopra il suo letto, Florio con infinto viso de’ suoi accidenti e delle maniere de’ lontani paesi dov’egli era stato, lo incominciò a domandare; e poi quando tempo gli parve, gli disse: - Se il colore del vostro viso non m’inganna, voi mi parete innamorato -. A cui Fileno rispose: - Signor mio, sopra tutti gli altri giovani io amo -. - Ciò mi piace assai - rispose Florio, - però che nulla cosa m’è tanto a grado, quanto avere compagni ne’ miei sospiri; ma ditemi, se vi piace, da quella donna, cui voi amate, siete voi amato? -. Disse Fileno: - Niuna cosa m’accende tanto amore nel cuore, quanto il sentire me essere amato da quella cui io più che me amo -. - Certo voi state bene - disse Florio; - ma ditemi, come conoscete voi che voi siate da quella, che voi tanto amate, amato? -. - Dirollovi - rispose Fileno: - che io sia amato da quella cui io amo, tre cose me ne fanno certo. La prima si è il timido sguardare con focosi sospiri, nelle quali cose io apertamente conosco intero amore; appresso, me ne accertano le ricevute gioie, le quali sanza amore da gentile donna mai donate non sarieno. La terza cosa che questo mi mostra si è l’allegrezza della quale io veggo il bel viso ripieno d’ogni felice caso che m’avvenga -. - Ben sogliono essere le predette cose veri testimonii d’amore; ma ditemi, se vi piace, che gioia riceveste voi già mai dalla vostra donna: però che alcune sogliono donare gioie, le quali non sarieno degne di mettere in conto -. - Certo - disse Fileno - non è di quelle la mia, ma è da tenere carissima; e acciò che voi sappiate quanto io ne deggio tenere cara una che io n’ho qui meco, io vi dirò come io la ricevetti -. - Ciò mi piace - rispose Florio. Allora Fileno cominciò così a dire: - Dovendo noi giucare nel giuoco che si fa nella solennità di Marte, pochi giorni ha passati celebrata, giucare, io nella sua presenza me n’andai, e umilmente la pregai che le piacesse a me, suo fedelissimo servidore, donare una delle sue gioie, la quale io per lo suo amore portassi nel giuoco. Essa, al mio priego mossa, benignamente in mia presenza con le dilicate mani questo velo si levò d’in su la sua bionda testa -; e traendo fuori il velo, il mostrò a Florio; e poi seguendo il suo parlare, disse: - E appresso aggiunse che io per amore di lei mi dovessi portar bene. Onde se questo è assai manifesto segnale di vero amore, voi, come me, il potete conoscere -. - Ma è più che manifesto - rispose Florio, - e certo ogni altra cosa maggiore è da esserne da voi sperata -. Disse allora Fileno: - Sicuramente che io molto più avanti ne spero, né credo con l’aiuto de’ nostri iddii la mia speranza vegna fallita -. Florio, ancora di tutto questo non contento, gli disse: - Fileno, se gl’iddii ve ne facciano tosto venire a quel che disiderate, ditemi, se licito v’è, se questa vostra donna è bella, e chi ella è -. Rispose Fileno: - Signor mio, mai ella non mi comandò ch’io dovessi il suo nome celare, né la sua bellezza richiede d’essere tenuta, a chi disidera di saperla, occulta, né a voi niuna cosa sarebbe da nascondere; e appresso mi fido tanto nel buono amore che io conosco ch’ella mi porta, che posto che alcuni il sapessero e volesserlami, amandola, torre, non poriano. Onde, poi che vi piace di saperlo, io vi dirò il nome, il quale udendo conoscerete quanta sia la bellezza. La donna di cui io tutto sono, e per cui io amorosamente sospiro, si chiama Biancifiore, e dimora ne’ reali palagi del vostro padre in compagnia della reina. Voi la conoscete meglio che io non fo, e sapete bene quanta sia la sua bellezza, e quinci potete vedere se per graziosa donna io sono da amore costretto -. Riguardollo Florio allora nel viso sanza mutare aspetto, e disse: - Veramente vi tiene amore per bella donna, e ora mi piace più ciò che detto m’avete, che prima non facea. Ma una cosa vi priego che facciate, che saviamente amiate e guardatevi di non lasciarvi tanto prendere ad Amore, che a vostra posta partire non vi possiate da lui, però che io, il quale vivo pieno di sospiri, per niuna altra cosa mi dolgo, se non per che io vorrei da lui partirmi, e non posso; e la cagione è però che io amai già una donna, e ancora più che me l’amo, e per quello che vedere me ne parve, ella amò me sopra tutte le cose, e in luogo di vero amore ella mi donò questo anello, il quale io porto in dito e porterò sempre per amore di lei; e poco tempo appresso lasciò me e donossi ad un altro di molto minor condizione che io non sono: per la qual cosa io ora mi vorrei partire da amare e non posso, e lei ho quasi del tutto perduta. Se a voi il simigliante avvenisse, certo elli sarebbe da dolerne a ciascuna persona che v’amasse -. Disse allora Fileno: - Florio, buono è il consiglio che mi donate, e se io credessi che mi bisognasse, io il prenderei; ma sanza dubbio io la conosco tanto costante giovane, che mai del suo proposito, cioè d’amare me, non credo ch’ella si muti -. - Dunque avete voi vantaggio da tutti gli altri - disse Florio, - e se così sarà, più che nullo iddio vi potrete chiamare beato -. L’ora del mangiare gli levò da questo ragionamento, il quale non dilettava tanto all’una delle parti, quanto all’altra era gravissimo e noioso, e usciti della camera, lavate le mani, alle apparecchiate tavole s’asettarono.