Libro secondo - Capitolo 60
Vedendosi Biancifiore confortare dal cavaliere, lasciata da’ sergenti, alzò il viso con gli occhi pieni di lagrime, e dopo uno amaro sospiro così disse: - O cavaliere, chi che tu sii, o mandato dagl’iddii in mio aiuto o no, come può egli essere che occulto ti sia il torto che fatto m’è? Oh, e’ pare che le insensibili pietre, non che gli uomini, ne ragionino, per quello che io misera n’ho potuto comprendere venendo qua; ma poi che a voi è occulto, e piacevi di saperlo, io il vi dirò. Ieri si celebrò in Marmorina la gran festa della natività del re Felice, al quale, con alquanti baroni sedendo a una tavola, io fui mandata dal siniscalco con un paone, il quale era avvelenato; e io di ciò non sappiendo niente, fatto quello d’esso che comandato mi fu, io il lasciai davanti al re, e torna’mene alla camera della reina: ove essendo ancora poco dimorata, io fui presa e messa in prigione con grandissimo furore. E sanza volere essere in alcuno atto ascoltata, fui poco inanzi sentenziata a questa morte. Ma se a’ miseri si dee alcuna fede, io vi giuro per la potenza de’ sommi iddii che questo peccato io non commisi, e sanza colpa mi conviene patire la pena. Ma io vi priego, se voi siete amico di Florio, per amore del quale io credo che io sono fatta morire, che voi m’aiutiate e difendiate, acciò che io sì vilmente non muoia -. Florio, il quale insieme riguardava e ascoltava intentivamente Biancifiore, piangendo continuamente sotto l’elmo, e guardandosi bene che del suo pianto niuno s’avvedesse, molto disiderava di farsi conoscere; poi per l’amaestramento della santa dea ne dubitava, ma finalmente così le rispose: - Bella giovane, confortati, che io ti prometto che tu non morrai, mentre che gl’iddii mi presteranno vita -. E alzata la visiera dell’elmo, voltato verso il gran popolo che a vedere era venuto, disse così: