Libro secondo - Capitolo 54
Mentre che Biancifiore, ascoltando la crudele sentenza sì tacitamente fra sé si ramaricava piangendo, il re insieme con la reina e con molta altra compagnia vennero a vederla, già volendola i sergenti menare via. Ma Biancifiore col viso pieno di lagrime voltata al reale palagio, il quale ella mai rivedere non credea, vide ad un’alta finestra il re e la reina riguardanti lei: allora più la costrinse il dolore, e con più amare lagrime s’incominciò a bagnare il petto. Ma non per tanto così, com’ella poté, si sforzò di parlare, e con debole voce, rotta da molti singhiozzi di pianto disse: - O carissimo padre, re Felice, da cui io conosco l’onore e ’l bene che io per adietro ho ricevuto in casa tua e quello che ricevette la mia misera madre, essendo noi stranieri, rimani con la grazia degli iddii, tu e la tua compagna, i quali io priego che ti perdonino la ingiusta morte alla quale tu mi mandi sanza ragione. E certo più onore vi tornava a tutti l’essere degnamente stati pietosi, che ingiustamente crudeli verso me, che mai a’ vostri onori non ruppi fede; e ancora li priego che essi sieno a voi più prosperevoli che a me non sono stati -. E dicendo Biancifiore queste parole, il siniscalco su un alto cavallo, con un bastone in mano sopravenne, e dando su per le spalle a’ sergenti che la menavano, e a lei disse: - Via avanti, non bisognano al presente queste parole: priega per te, non per loro -. Onde Biancifiore piangendo bassò la testa, andando oltre sanza più parlare. Il re e la reina, che quelle parole aveano udite, alquanto più che l’usato modo costretti da pietà, cominciarono a lagrimare: e in tanto ne dolfe alla reina, che molto si pentì del malvagio consiglio che al re donato avea, e volontieri avrebbe tutto tornato adietro, se con onore del re e di lei fare l’avesse potuto. I sergenti tiravano forte e vituperosamente Biancifiore verso la Braa, ove il fuoco apparecchiato già era; e ella che del cospetto dello iniquo re s’era piangendo partita, andava col capo basso, pianamente dicendo: "Oimè, Florio, ove se’ tu ora? Deh, se tu m’amassi come tu già m’amasti e come io amo te, e sapessi che la mia vituperevole morte mi fosse sì vicina, che faresti tu? Certo io credo che tu porteresti grandissimo dolore: ma tu non m’ami più. Io conosco veramente il tuo amore essere stato fallace e falso; che se perfetto e buono fosse stato, come è stato il mio verso di te, niun legame t’avrebbe potuto tenere a Montoro, che almeno non avessi al mio soccorso cercato alcuno rimedio, volendo sapere la cagione della mia morte da me, se lecita è o no; o solamente saresti venuto a vedermi inanzi ch’io morissi, mostrando che della mia morte portassi gravissimo dolore. Oimè, che tu forse aspetti che io il ti mandi a dire, ma tu non pensi com’io posso, che non che mandare a dirtelo mi fosse lasciato, ma una picciola scusa non è voluta ascoltare da me, né consentito che ascoltata sia; avvegna che tu il sai, né ti potresti scusare che tu nol sapessi, però che, poi che io misera fui tratta di prigione, io ho tacitamente udito ragionare a molti che il duca e Ascalione per non vedere la mia morte se ne sono venuti costà, e so che essi t’hanno contato tutto il mio disaventurato caso, come coloro che ’l sanno interamente. Dunque perché non mi vieni ad aiutare? Chi aspetti tu che si lievi in mio aiuto, se tu non vi ti lievi? Forse tu dubiti d’aiutarmi, dicendo: "Ella muore giustamente: leverommi io a volere difendere la ingiustizia?". Certo tu se’ ingannato, che non che gli uomini ma i bruti animali pare che ne parlino che la morte ch’io vo a prendere m’è ingiustamente data, e tu me ne se’ principale cagione. E se pur giustamente la ricevessi, pensando al grande amore che io t’ho sempre portato, non mi dovresti tu ragionevolmente aiutare e difendere da sì sozza morte, acciò che la gente non dicesse: "Colei, cui Florio amava cotanto, fu arsa"? E ancora ho udito affermare ad alcuni che per niuna altra cosa si partì Ascalion di qua, se non per venirloti a dire. Ma quando egli mai non te l’avesse detto, il mio anello, il quale io ti donai quando da me ti partisti, non te lo dee aver celato, ma manifestamente col suo turbare ti dee aver mostrato le mie avversità; e credo che egli, del mio aiuto più sollecito di te, già te l’abbia mostrato. Ma io dubito che tu negligente al mio soccorso ti stai costà, forse contento d’abbracciare o di vedere alcun’altra giovane, e, dimenticata me, hai de’ miei impedimenti poca cura. Onde io, dolorosa, sanza conforto per te mi morrò, avvegna che uno solo ne porterà l’anima mia agl’infernali iddii, o altrove che ella vada, che io veggio manifestamente ad ogni persona dolere della mia morte, e dire che io muoio per te, e per altra cosa no. Ma se gl’iddii mi volessero tanta grazia concedere, ch’io ti potessi solamente un poco vedere anzi la mia morte, molto mi sarebbe a grado, e il morire meno noioso. Dunque, o dispietato, che fai? Deh, vieni solamente a porgermi questa ultima consolazione, se l’aiutarmi in altro t’è noia". Queste e molte altre parole andava fra sé dicendo Biancifiore, menata continuamente con istudioso passo alla sua fine. Niuno era in Marmorina tanto crudele che di tale accidente non piangesse, e l’aere era ripieno di dolenti voci. Ma ciascuno, non potendola più oltre che ’l piangere mostrare che di lei gli dolesse, dicea: - Gl’iddii ti mandino utile e tostano soccorso, o dopo la tua morte alloghino la tua graziosa anima nella pace de’ loro regni -. E giunti i sergenti al misero luogo dove era il fuoco acceso e ragunato infinito popolo per vedere, il siniscalco fece fare grandissimo cerchio, acciò che sanza impedimento i sergenti potessero il loro uficio fare. Ma a Biancifiore corse agli occhi molto di lontano i due cavalieri, che già a lei s’avvicinavano per la sua difesa: e sanza sapere più avanti di loro essere che gli altri che quivi erano, imaginò che l’uno di costoro fosse Florio, il quale quivi alla diliberazione di lei fosse venuto. Per la qual cosa, ricordandosi della ’mpromessa della santa dea, alquanto il naturale colore le ritornò nel viso, e cacciando da sé alquanto di paura, s’incominciò a riconfortare e a prendere speranza della sua salute.