Libro secondo - Capitolo 49
Cominciossi per la corte un gran mormorio, poi che il re fu partito dal gran consiglio che tenuto avea del fallo che dovea aver fatto Biancifiore: e tutti i baroni e l’altra gente, chi in una parte e chi in un’altra ne ragionavano; e a tutti parea impossibile il credere che Biancifiore avesse già mai tanta malvagità pensata, con ciò sia cosa che semplice e pura e di diritta fede la sentivano. E altri diceano che veramente mai Biancifiore non avrebbe tal fallo commesso né pensato, ma questo era fattura del re, il quale ordinato avea ciò per farla morire, perciò che Florio più che altra femina l’amava, e ’l re che egli non la prendesse per isposa, o a vita di lei non ne volesse prendere alcuna altra. Alcuni diceano ciò non porria essere, ché, se il re l’avesse avuto animo adosso, per altro modo l’avria fatta morire, né mai si sarebbe vantato di maritarla, come la mattina avea fatto, affermando d’attenere il suo vanto con tanti saramenti: aggiungendo a questo che essi credevano che ciò fosse fattura del siniscalco, però che l’avea in odio perché rifiutato l’avea per marito. E altri ne ragionavano in altra maniera: chi difendea il re e chi Biancifiore ma a tutti generalmente ne dolea, e niuno potea credere che difetto di Biancifiore fosse mai stato. E molti ve n’avea che, se non fosse stato per tema di dispiacere al re, avrebbero parlato molto avanti in difesa di Biancifiore, e ancora prese l’arme, se bisognato fosse, chi per amor di lei e chi per amor di Florio. E così d’uno ragionamento in altro il giorno passò, e sopravennero le stelle, mostrandosi tutto quel giorno, quanto durò, il re e la reina molto turbati nel viso, avvegna che contenti e allegri fossero nell’animo, sperando che il seguente giorno per la morte di Biancifiore terminerebbero il loro disio.