Libro secondo - Capitolo 31
Oimè, misera Biancifiore, or dove se’ tu ora? Perché non ti fu e’ lecito d’udire queste parole, come quelle della partenza del tuo Florio? Tu forse stai a riguardar que’ luoghi ove tu continuamente con l’animo corri e dimori disiderando d’esservi corporalmente. O tu forse con isperanza o d’andare a Montoro a veder Florio, o che Florio ritorni a veder te, nutrichi l’amorose fiamme che ti consumano, e non pensi alle gravi cose che la fortuna t’apparecchia a sostenere? A te pare ora stare nella infima parte della sua rota, né puoi credere che maggior dolore ti potesse assalire, che quello che tu hai per l’assenza di Florio, ma tu dimori nel più alto luogo, a rispetto che tu starai. Oimè, che tu, lontana allo iniquo consiglio, spandi amare lagrime per amore, le quali più tosto per pietà di te medesima spandere dovresti, avvegna che a coloro che semplicemente vivono, gl’iddii proveggono a’ bisogni loro, e molte volte è da sperare meglio quando la fortuna si mostra molto turbata, che quando ella falsamente ride ad alcuno.