Libro quinto - Capitolo 40
Udite queste cose, il duca Ferramonte e Messaallino si partirono da loro e tornarono a Filocolo, e ciò che udito aveano e veduto gli dissero: di che Filocolo si rise, e volle andare a vedere. E venuto ad essi, tanto con parole gli commosse che essi, preso ardire, si misero a passare il fiume, il quale non sopra la cintura gli bagnava. Ma essi non furono giunti all’altra riva, che i loro avversarii armati loro vennero incontro, e in mezzo ’l fiume incominciarono sanza ordine la loro battaglia, forte co’ duri bastoni lacerando le salvatiche armi e i loro dossi. Arco né rombola non ci avea luogo per la loro vicinità; e se alcuna spada v’era, o dava in fallo o se feriva si torceva. L’acqua che già più rossa che bianca correa gl’impediva molto, e tal volta i più codardi facea valorosi combattitori, ritenendo i loro piedi nella molle arena, i quali per lo duro campo sarieno fuggiti. Ma poi ché lungo spazio combattendo ebbero durato, tornandone molti dall’una parte e dall’altra magagnati, avendo Filocolo assai riso co’ suoi compagni de’ modi nuovi di costoro, col suo cavallo entrò nell’acqua, e i pochi rimasi alla battaglia divise, e ciascuno pari fece al suo campo tornare. Ritornati così costoro, non dopo molto spazio le risa di Filocolo si voltarono in pietà, vedendo i magagnati dolersi e sanza alcuno compenso a’ loro mali. E però che a lui parea di ciò essere cagione, si pensò di volergli pacificare, e in restaurazione de’ loro danni edificare loro una terra nella quale sicuri vivessero sotto savio duca: e questo narrando a’ compagni, da tutti li fu lodato.