Filocolo/Libro quinto/34

Libro quinto - Capitolo 34

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Posaronsi la notte nel salvatico luogo sotto le tese tende, difesi da’ sopravegnenti casi da’ suoi sergenti; ma venuto il giorno, il duca e Ascalion e gli altri compagni insieme con Caleon furono a chiamare Filocolo, il quale levato, fece l’antico tempio mondare, come altra volta avea fatto, e accendere i fuochi sopra gli umidi altari; e fatti uccidere più tori per la salvazione di sé e de’ suoi compagni, con puro cuore offerse a’ fuochi le debite interiora di quelli, rendendo con queste voci grazie de’ ricevuti beni: - O sommo Giove, governatore dell’universo con ragione perpetua, e tu, o santa Giunone, la quale con felice legame congiugni e servi longevi i santi matrimonii, e tu, o Imineo, degno e etterno testimonio di quelli, lodati siate voi! Ora per voi sento pace, e ho la lunga sollecitudine abandonata, però che gli occhi miei veggono ciò che per adietro lungamente disiderarono, e le mie braccia stringono la sua salute. E tu, o santissima Venere, madre de’ volanti amori, insieme col tuo amante Marte, ricevete i nostri sacrificii; i quali sì come a protettori e guidatori delle nostre menti offeriamo. E voi qualunque iddii del solitario e diserto luogo siete abitatori, e da cui la veridica promessione ricevemmo, prendete olocausto in riconoscenza di tanto dono. O cielo, adorno di molte stelle, ricevi con tutti i tuoi iddii le nostre voci, e tu, terra, co’ tuoi, e similemente co’ suoi il verdeggiante mare; e della nostra salvazione, visitati con possibili sacrificii, vi rallegrate, e per inanzi di bene in meglio ne prosperate, acciò che nelle nostre bocche sempre cresca la vostra loda -. Biancifiore e Glorizia, Ascalion e ’l duca e gli altri compagni e servidori di Filocolo, tutti ginocchioni nel tempio davanti a’ crepitanti fuochi dimoravano, seguendo con tacita voce ciò che Filocolo alto dicea nel cospetto degl’immortali iddii. Ma finite le divote orazioni, e levati da quelle, ordinarono, ad onore di quelli, giuochi con solenne ordine, e di quindi se ne vennero sopra la bella fontana; alla quale venuti, sopra la verde erbetta che i margini di quella adornava, Biancifiore prima e poi ciascuno degli altri si posero a sedere e videro quella per li due luoghi del mezzo, sì come usata era per adietro, bollire. Di che Biancifiore, che ancora veduta non l’avea, si maravigliò, e pensando allo stato di Fileno nel quale già per adietro veduto l’avea, e a quello in che ora il vedea, pietosa sanza fine quella riguardando divenne, e parlato avria la sua pietà dimostrando, se non che avanti di lei cominciò verso Filocolo Menedon a dire queste parole: