Libro quinto - Capitolo 3
Poi che l’amiraglio vide la volontà di Filocolo, egli comanda che la sua nave sia acconcia e tutta di nuovi corredi riguarnita, e in compagnia di quella molte altre ne fa aprestare. Viene il proposto giorno della partenza: il mare imbianca per li ripercossi mari e mostra poche delle sue acque, in quella parte occupato da molti legni; e il romore de’ navicanti e dell’acque e de’ suoni riempiono l’aere; e cercano di partirsi. Filocolo, che con violate vele e vestimenti era, elli e’ suoi compagni, venuto, comanda che, levati via quelli, s’adornino di bianchi, e fa inghirlandare i templi e dare sacrificii agl’iddii, mescolati con prieghi, che benivoli li facciano i venti e le marine onde, e lui co’ suoi con perfetta salute producano a’ disiderati luoghi. E già l’occidentale orizonte avea ricoperto il carro della luce, e le stelle si vedeano, quando il vento più fresco venne, per che a’ marinari parve di partirsi. E a salire sopra l’acconcia nave chiamarono Filocolo, il quale con grandissima compagnia e d’uomini e di donne a’ marini liti pervenne; e quivi con pietoso viso e animo pervenuto, dall’amiraglio prese congedo, prima de’ ricevuti beneficii rendendogli debite grazie, appresso da Alcipiades e da Dario e da Sadoc, a lui carissimi amici, s’accomiatò, e salì sopra la bianca nave. Da questi tutti con lagrime si parte Biancifiore e Glorizia, e salgono appresso a Filocolo, le quali Bellisano e Ascalion e ’l duca e gli altri compagni di Filocolo tutti, avendo a coloro che rimaneano porte le destre mani e detto addio, seguirono. E così tutti ricolti, l’una parte piglia il mare, l’altra la terra e gli animi che per lunga consuetudine e per iguali costumi erano divenuti uno, tengono luogo in mezzo la distanza, riscontrandosi quasi, partiti da’ corpi che si dividono.