Libro quarto - Capitolo 95
Mentre che costoro così parlando andavano, pervennero alla gran porta della torre, e entrati in essa dismontarono. E avendo il castellano le belle maniere di Filocolo vedute, imaginò lui dovere essere nobile giovane. Per la qual cosa quivi assai l’onorò, e dopo molte parole gli disse: - Giovane, la somiglianza che tu hai d’una donzella che in questa torre dimora, chiamata Biancifiore, t’ha oggi la vita campata: di che siano lodati gl’iddii, che la mia ira mitigarono com’io ti vidi, la qual cosa rado o mai più non avvenne -. Di questo il ringraziò assai Filocolo, sempre a lui offerendosi servidore, e similmente a quella giovane la cui simiglianza campato l’avea, se egli la conoscesse. E dopo questo entrati in molti e diversi ragionamenti, a Filocolo andò l’occhio in un canto del luogo dove dimoravano, ove egli vide uno scacchiere nobilissimo e ricco appiccato; il qual veduto, disse: - Sire, dilettatevi voi di giucare a scacchi, che io veggio sì bello scacchiere? -. Rispose Sadoc: - Sì, molto, e tu sai giucare? -. A cui Filocolo rispose: - Alquanto ne so -. Disse allora Sadoc: - E giuchiamo infino a tanto che questo caldo passi, che tu possa alla città tornare -. - Ciò mi piace molto, signor mio - rispose Filocolo.