Filocolo/Libro quarto/43

Libro quarto - Capitolo 43

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Feriva del sole un chiaro raggio passando fra le verdi frondi sopra il nitido fonte, il quale la sua luce rifletteva nel bel viso della adorna reina, la quale di quel colore era vestita che il cielo ne dimostra, quando, amenduni i figliuoli di Latona a noi nascosi, lucido solo con le sue stelle ne porge luce. E oltre allo splendore del bel viso, quello tanto lucente facea, che mirabile lustro a’ dimoranti in quel luogo porgeva fra le fresche ombre: e tal volta il riflesso raggio si distendea infino al luogo dove la laurea corona d’una parte con la candida testa, dall’altra con gli aurei capelli terminava, tra quelli mescolata con non maestrevole ravolgimento: e quando quivi pervenia, nel primo sguardo si saria detto che fra le verdi frondi uscisse una chiara fiammetta d’ardente fuoco, e tanto si dilatasse, quanto i biondi capelli si dimostravano a’ circunstanti. Questa mirabile cosa, forse più tosto o meglio avvedutosene che alcuno degli altri, mirava Caleon intentivamente quasi come d’altro non gli calesse, il quale per opposito a fronte alla reina sedeva in cerchio, dividendoli l’acqua sola: né movea bocca alla quistione che a lui veniva, perché taciuto avesse la reina già per alquanto spazio, avendo contentata la savia donna. A cui la reina così disse: - O solo disio forse della cosa che tu miri, dinne, qual è la cagione che così sospeso ti tiene, che, seguendo l’ordine degli altri, non parli, solamente, come noi crediamo, mirando la nostra testa, come se da te mai vista non fosse avanti? Dilloci, e appresso, come gli altri hanno proposto, e tu proponi -. A questa voce, Caleon, levata l’anima da’ dolci pensieri, in sé la tornò alquanto riscotendosi, come tal volta colui, che per paura rompe il dolce sonno, suole fare, e così disse: - Alta reina, il cui valore impossibile saria a narrare, graziosi pensieri in loro teneano la mia mente involta, quando io sì fiso mirava la vostra fronte, che mi parve, allora che il chiaro raggio giunse nella bella acqua, riflettendo nel vostro viso, che dell’acqua uscisse uno spiritello tanto gentile e grazioso a vedere, ch’egli si tirò dietro l’anima mia a riguardare ciò che facesse, forse sentendo i miei occhi insofficienti a tanta gioia mirare, e salì per lo chiaro lume negli occhi vostri, e quivi per lungo spazio fece mirabile festa adornandoli di nuova chiarezza. Poi salendo più su questa luce, lasciando ne’ begli occhi i suoi vestigii, il vidi salire sopra la vostra corona, sopra la quale, come egli vi fu, insieme con i raggi parve che nuova fiamma vi s’accendesse, forse qual fu già quella che fu da Tanaquila veduta a Tulio piccolo garzone dormendo: e dintorno a questa saltando di fronda in fronda, come uccelletto che amoroso cantando visita molte foglie, s’andava, e i vostri capelli con diversi atti movendo, e intorniando a quelle, tal volta in essi nascondendosi e poi più lieto ogni fiata uscendo fuori; e pareami ch’egli fosse tanto allegro in se medesimo, quanto alcuna cosa mai esser potesse, e gisse cantando, overo con dolci voci queste parole dicendo:

"Io son del terzo ciel cosa gentile,
sì vago de’ begli occhi di costei,
che s’io fossi mortal me ne morrei.
E vo di fronda in fronda a mio diletto,
intorniando gli aurei crini,
me di me accendendo:
e ’n questa mia fiammetta con effetto
mostro la forza de’ dardi divini,
andando ogn’uom ferendo
che lei negli occhi mira, ov’io discendo

ciascuna ora ch’è piacer di lei,
vera reina delli regni miei".

E con queste, molte altre ne dicea, andando com’io v’ho detto, quando mi chiamaste; ma non prima la voce moveste, che egli subito si tornò ne’ vostri occhi, i quali come matutine stelle sintillano di nuova luce, questo luogo lustrando: udito avete da che gioia con nuovo pensiero m’avete alquanto separato -. Di questo si maravigliò assai Filocolo e gli altri, e rivolti gli occhi verso la loro reina, videro quello che a udire loro parea impossibile. E ella, vestita d’umiltà, ascoltando le vere parole di lei dette, stette con fermo viso sanza alcuna risposta. E però Caleon così parlando seguì: - Graziosa reina, io disidero di sapere se a ciascuno uomo, a bene essere di se medesimo, si dee innamorare o no. E questo a dimandare mi muovono diverse cose vedute e udite e tenute dalle varie oppinioni degli uomini -.