Libro quarto - Capitolo 117
- O Florio, sola speranza mia, gl’iddii ti concedino migliore notte che io non ho; gl’iddii ti conservino in quella prosperità e in quel bene che tu disideri, e a te e a me concedino ciò che licito non ci fu potere avere, e mettanti in cuore di ricercarmi, avvegna che assai lontana ti dimori. Ma saper puoi che per amore di te io sostengo le non meritate tribolazioni; e però quello amore che me non lasciò vincere alla paura, che del tuo padre avere dovea, che io pure non ti amassi, vincati a far sì che io da te sia ricercata. Non ti ritengano le minacce del tuo padre, né le lusinghe della tua madre. Spera, ché io non ho altro bene nel mondo che te, né d’altrui attendo soccorso se non da te. O dolce Florio, possibile mi fosse ora nelle mie braccia ritrovarti! Oh quanto bene avrei! Certo io non crederei che la fortuna o gl’iddii mi potessero poi far male. Io ti bacerei centomila volte; e appena che queste mi bastassero! Oh quante volte sarieno da me baciati quelli occhi, che con la loro piacevolezza prima mi fecero amor sentire! Io strignerei con le sconsolate braccia il dilicato collo tanto, quanto il mio disio avanti si distendesse. Deh, ora ci fossi tu: che è a pensare che una timida giovine dorma sola in così gran letto come fo io? Tu mi saresti graziosa compagnia e sicura. O santa Venere, quando sarà che la ’mpromessa da voi fatta a me s’adempia? Viverò io tanto? Appena che io il creda. Io ardo: io non posso sostenere le vostre percosse, ma impossibile conosco che ’l mio disio ora s’adempia, tanto gli sono lontana; ma in luogo di ciò, o Citerea, manda nel petto mio soave sonno, e quello che io veramente aver non posso, fammelo nel sonno sentire. Contenta con questo il mio disire, acciò che alquanto si mitighi la mia pena. Or ecco, io m’acconcio a dormire, e attendo nelle mie braccia il disiato bene. O santa dea, io gli lascio il suo luogo: venga con grazioso diletto a me, io te ne priego -. Queste parole dicendo, ogni volta ch’ella ricordava Florio, gittava un grandissimo sospiro, e con le braccia distese verso quella parte dove Filocolo nascoso dimorava, con fatica, dopo molti sospiri, s’adormentò.