Libro primo - Capitolo 27
Vedendo il re che i fortunosi casi aveano conceduta la vittoria alle sue armi, in se medesimo molto si rallegrò. Poi andando verso le tese trabacche guardando con torto occhio i sanguinosi campi, vide grandissima quantità de’ suoi cavalieri giacer morti dintorno a pochi romani. E ben che l’allegrezza della dolente vittoria gli fosse al principio molta, certo, vedendo questo, ella si cambiò in amare lagrime, imaginando l’aspetto de’ suoi cavalieri, i quali tutti sanguinosi giaceano morti al campo, e udendo le dolenti voci e ’l triste pianto che i suoi medesimi feriti faceano per lo campo. Egli diede a’ suoi cavalieri libero albìtrio che le ricchezze rimase nel misero campo fossero da loro rubate, e che ciò che ciascun si desse fosse suo; la qual cosa in brieve spazio fu fatta. Elli disarmarono tutti i romani con presta mano, e non ne trovarono alcuno che intorno a sé non avesse grandissima quantità di nimici morti né che non fosse passato di cento punte. E i miseri cavalieri, i quali questo andavano faccendo, aveano perduta la conoscenza de’ loro padri e fratelli e compagni che morti giacevano, per la polvere mescolata col sangue sopra i loro visi; ma poi che essi, nettandoli co’ propii panni per riconoscerli, ve n’ebbero ritrovati molti, e tutti i più valorosi, il pianto e ’l romore cominciò sì grande, che il re si credette da capo essere assalito, e con fatica racchetò i loro pianti, ricogliendoli dentro ne’ chiusi campi.