Libro primo - Capitolo 20
Mentre Lelio le sue pietose parole porgeva a’ cari compagni, ciascuno, portando a se medesimo e a lui compassione, amaramente piangea. Alcuni piangeano dicendo: - Oimè, vecchio padre, che vita sarà la tua dopo la mia morte, s’egli avviene ch’io muoia, il quale ora cresciuto dovea essere bastone che la tua vecchiezza sostenesse -. Altri piangeano i piccioli figliuoli rimasi a Roma con la giovane donna, ramaricandosi del loro infortunio; e altri i cari fratelli, e l’abandonate ricchezze per seguire Lelio. E tutti generalmente piangeano la cara compagnia e amistà tra loro e Lelio sì dolcemente congiunta, che in così brieve tempo mostrava di doversi sì amaramente partire. Ma non dopo molto spazio per li conforti di Lelio, il quale diceva loro: - O vigorosi giovani, ove sono fuggiti i vostri animi virili? Voi spandete per picciola paura amare lagrime, come se voi foste femine. Evvi sì tosto partita della memoria l’aspra morte che Catone sostenne in Utica con forte animo, volendo più tosto morir libero che vivere servo de’ suoi nemici, dando insiememente essemplo a’ suoi di sostenere ogni gravoso affanno per la cara libertà? Or che fareste voi se io facessi il simigliante? Credo che vie più lagrimereste. Cacciate queste lagrime da voi, e non dubitate de’ vecchi padri, né delle giovani donne, né de’ piccioli figliuoli, né ancora dell’abondanti ricchezze, le quali voi avete abandonate in servigio di Colui che ve le donò, però che essi tutti nacquero alla sua speranza e non alla vostra, e Egli tutti a buon fine gli recherà. E non è gran fatto se in servigio di così largo donatore di grazie si pone alcuna volta il mortal corpo -; abandonate le lagrime, si deliberarono al consiglio di Lelio, rispondendogli che lui per duca e per signore continuamente aveano tenuto e teneano, e piacea loro per inanzi di tenerlo, e che in questo accidente e in ogni altro essi ad ogni suo piacere erano disposti di metterlo con lui insieme in essecuzione, offerendosi di seguirlo infino alla morte. Allora Lelio di tanto onore reverentemente gli ringraziò e comandò che ciascuno prendesse le sue armi e apprestassesi di resistere a’ nemici, faccendo di loro tre schiere. E la prima, nella quale egli mise quelli giovani nelle cui forze più si confidava, fece guidare ad un giovane romano, il quale si chiamava Sesto Fulvio, nobilissimo e ardito. La seconda, nella quale erano quasi tutti quelli che a loro per lo cammino s’erano accostati per compagnia, fece menare ad un giovane della sua terra, Ostazio, sommo poeta, nominato Artifilo, valoroso e possente molto. La terza, nella quale la maggior parte della sua poca gente riservò, diede a conducere a Sculpizio Gaio, suo caro compagno e parente, sé di tutte faccendo capitano e correggitore; e poi che così gli ebbe ordinati, parlò così verso loro: