D’un ortolano l’Asino soleva
della sua sorte sempre lamentarsi,
perché doveva alzarsi - egli diceva, -
ogni mattina prima dell’aurora,
e spesso prima ancora
che si risvegli il gallo... e ciò perché?
- La gran ragion qual è
che mi rompon il sonno mio beato?
Son quattro erbaggi e un cavolo
che reco sul mercato -.
Così dicea la malcontenta bestia,
finché per torla un poco di molestia
la Sorte prova a dargli altro signore,
mettendolo al servizio
d’un certo conciatore.
Ma fu malaugurato il benefizio,
perché l’odor e il peso delle pelli
fece parere i cavoli
e gli erbaggi a portar molto più comodi.
- Ah! - grida allor la bestia sciagurata, -
m’era ben dato prima facilmente
senza spendere niente
una foglia carpire d’insalata
col volgere soltanto della testa.
Or non mi resta, tolto ogni provento,
che pigliar bastonate ogni momento -.
La Sorte, buona ancora a contentarlo,
e per finire il guaio,
appresso a un carbonaio
pensò di collocarlo;
ma l’Asino non meno si lamenta.
Allor fuori di sé
la Sorte disse: - Questa bestia grulla
mi dà da fare più di cento re.
Crede d’esser la sola malcontenta
e ch’io non abbia proprio da far nulla -.
La Sorte avea ragione.
Della fortuna sua ciascun si duole,
e d’ogni condizione
sempre la peggio è quella che ci tocca.
Se anche volesse Iddio la gente sciocca
accontentar, credete voi che questa
cesserebbe con pianti e con parole
di rompergli la testa?