Favole (La Fontaine)/Libro secondo/XX - Il testamento interpretato da Esopo
Questo testo è completo. |
◄ | Libro secondo - XIX - Il Leone e l'Asino a caccia | Libro terzo | ► |
Esopo, se di lui si conta il vero,
valea da sol per senno
quanto l’Areopago tutto intero,
anzi quanto l’Oracolo d’Apolline,
come si può vedere
da questa strana istoria,
che al mio lettor non deve dispiacere.
Un certo uomo di Grecia
a tre figliole fu padre infelice,
d’indole pazza e fra di lor diversa:
l’una avara, secondo che si dice,
civetta l’altra e l’altra ubbriacona.
Quando l’ultimo fiato il vecchio rese,
fra lor divise in eque parti il suo,
colle norme vigenti del paese.
Ma pose un codicillo al testamento
non troppo chiaro, ossia che poi dovesse
alla madre pagar tanto per cento
il dì che non avesse più ciascuna
la sua parte speciale di fortuna.
A tutti parve un caso sibillino.
Come pagar potevano quel giorno
che più non possedessero un quattrino?
Non men d’adesso, non pareva allora
un buon sistema di pagare i debiti,
quando si sente d’essere in malora.
Si porta al tribunal la questione,
si senton gli avvocati,
ma voltala e rivoltala, è sì buia
la cosa, che i dottori imbarazzati
gettan la toga per disperazione,
consigliando a ciascuna di dividere
il loro senza più.
Per la parte che poi spetta alla vedova
a mo’ di transazione,
ecco ciò che da lor trovato fu:
"Convengano le parti
contribuire per un terzo al debito
pagabile secondo un dato termine,
oppur si stabilisca un’annua rendita,
dalla morte del padre decorribile,
da pagarsi alla madre in rate... eccetera".
Così ben stabilito,
si fecero tre lotti come segue:
primo lotto: di ville di campagna
e luoghi di cuccagna,
con chioschi ben guarniti e con cantine
piene di malvasia,
vasi, piatti, bicchieri, argenteria,
o, per dirla in un’ultima parola,
tutto ciò che può far gola alla gola.
Secondo lotto: case di città,
mobili ricchi d’or, superfluità,
cosucce rare di galanteria,
eunuchi, belle schiave abili e destre
in ricamar, in pettinar maestre.
E terzo lotto infine:
campi, vigne, cascine,
gente e bestie da tiro e da fatica.
E inutile ch’io dica
che, fatta questa bella divisione,
senza tentare il gioco della sorte,
secondo il gusto, ognuna delle tre
prende la parte che conviene a sé.
I dotti e gl’ignoranti
trovaron la sentenza ben pensata.
Ma Esopo dimostrò che tutti quanti
avean presa una mezza cantonata.
Se il morto fosse vivo, egli dicea,
questo popol, che passa per sì fino
e acuto di natura,
farebbe una ben misera figura.
Che mai non si eran viste tanto male
interpretate l’ultime intenzioni
d’un padre da un solenne tribunale.
Esopo, il gran gobbetto,
in base alle suddette divisioni,
ad ogni figlia volle, e per dispetto,
dare la parte all’indole contraria,
ossia fiaschi e cantine
e tazze alla civetta;
alla bevona i campi e le cascine,
e cappellini e cuffie
alla sorella della mano stretta;
dicendo il savio Frigio
che coll’usar quest’arte,
le donne erano spinte
per far danari o per trovar marito
a sbarazzarsi della loro parte.
Così di lor ciascuna,
venduta la sua parte di fortuna,
avria dovuto pel paterno scritto
pagare sul momento
la madre e far compiuto il testamento.
Stupiron tutti quanti
che un uomo tal avesse più talento
di tutti insieme i dotti e gl’ignoranti.