Favole (La Fontaine)/Libro secondo/XV - Il Gallo e la Volpe
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Sopra un ramo di pianta in sentinella
stava un Gallo maestro in furberia,
allor che, con un far da monachella,
una Volpe gli disse: - O sai, mio caro?
Noi siamo in pace adesso,
è venuta la pace universale.
Scendi dunque a ricevere l’amplesso,
in fretta vieni giù.
Perché devo recar questa novella
in cento luoghi e più.
Or liberi voi siete
d’andar senza paura ove volete,
e noi sarem per voi buone sorelle.
Sian fuochi ed allegrezze e buon umore:
to’, scendi il bacio a prender dell’amore.
- Amica, - a lei così tosto rispose
l’altro matricolato, -
davver che mi commuovon queste cose,
e proprio te ne son molto obbligato.
Ma questo amplesso voglio che si faccia
in modo più solenne e più giulivo
mettendo a parte anche quel can di caccia,
che vien correndo a noi
e porta certo il ramuscel d’ulivo.
Mentre egli arriva, io scendo dalla pianta,
così la pace sembrerà più santa.
- Salùtalo! - soggiunse la beghina, -
ho troppa fretta e la mia strada è lunga:
a rivederci, a caso, domattina -.
E via per la campagna
colle pive nel sacco
in fretta e in furia leva le calcagna.
A tal vista sorrise il vecchio Gallo,
e cantò quella celebre sentenza:
che a farla ai furbi è doppia l’indulgenza.