Favole (La Fontaine)/Libro secondo/V - Il Pipistrello e le due Donnole
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Un giorno un Pipistrel dié nella tana
d’una feroce Donnola,
che aveva antica ruggine
coi topi, e che a momenti me lo sbrana.
- Eccome! - dice, - ed osa dopo tanti
misfatti uno di voi venirmi avanti?
Se tu sei topo, guarda, io son faina.
- Dimando grazia a Vostra Signoria, -
rispose a lei quell’anima tapina, -
ma un topo io non so manco cosa sia.
Io sono Uccello e, grazie a Dio che fece
il mondo tutto colla sua parola,
volo coll’ali mie. Viva chi vola! -
E tante cose aggiunse e tanto belle,
ch’ebbe la grazia di salvar la pelle.
Tre giorni dopo cade il martorello,
per suo destin fatale,
nell’ugne d’una Donnola, terribile
nemica degli uccelli in generale,
che col suo muso lungo in un momento,
pigliandolo, s’intende, per uccello,
l’avria mangiato senza complimento.
- T’inganni grosso, - a lei grida il cattivo, -
e dove son le penne
che forman degli uccelli il distintivo?
Son Topo, evviva i topi,
e morte al gatto, io grido, e a chi l’ha fatto -.
E la sua parte tanto ben sostenne,
che un’altra volta la scampò a buon patto.
Molti son che con quest’arte
han trovata la maniera
di tirar la sorte a sé.
A seconda della parte
hanno pronta una bandiera.
Oggi: Viva la Repubblica!
E dimani: Viva il Re.