Ebbe un bel predicare il pesciolino,
ebbe un bel dir che non valea la spesa
dell’olio... predicò nel padellino.
Già dimostrai quanto sia sciocca impresa
lasciare il poco che tu stringi in mano
per la speranza di più grossa presa.
Fe’ bene il pescator, ma non insano
diremo il predicar del pesciatello,
che per la vita predicava invano.
Già in questo libro ho scritto il fatterello,
al quale aggiungo ancor qualche colore
per farlo, s’è possibile, più bello.
Un Lupo non mostrò del pescatore
il giudizio, quel dì che prese un Cane
e si lasciò da lui toccare il cuore.
- Vedi, - dicea la bestia entro le scane, -
hai preso una sì misera porzione,
che a condirlo con me perdi il tuo pane.
Lasciami andar. Fra poco il mio padrone
ha un festino di nozze e tu lo sai
che a suo dispetto, in simile occasione,
un cane ingrassa o non ingrassa mai;
lasciami andar e dopo qualche mese
prometto che il tuo conto troverai -.
Il Lupo bestia per farina prese
le sue parole e lo lasciò scappare.
Passato il tempo al palazzo si rese
per prendere il suo Can, ma fu un affare
difficil, ché il suo Can dietro al cancello
gli cominciò da lungi ad abbaiare:
- Amico, vengo teco. Il chiavistello
sta per aprir adesso il guardiano,
aspetta un poco che veniam bel bello -.
Il guardïan era un cagnaccio strano
noto ai Lupi per cane molto spiccio,
bello forse a veder, ma da lontano.
Il nostro Lupo si cavò d’impiccio,
dicendo: - Io qui farò meglio davvero,
se alle gambe mi affido e se mi spiccio -.
Non avendo cervel, quel Lupo nero
mostrò che aveva buone gambe almeno,
e poi che non sapeva il suo mestiero,
alla larga scappò come un baleno.