Favole (La Fontaine)/Libro decimo/XI - I Pesci e il Pastore

Libro decimo

XI - I Pesci e il Pastore

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Jean de La Fontaine - Favole (1669)
Traduzione dal francese di Emilio De Marchi (XIX secolo)
Libro decimo

XI - I Pesci e il Pastore
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Con voci e con accordi
che avrian commossi i sordi,
Tirsi l’amore della sua diletta
unica Annetta
in riva a un fiumicel, almo soggiorno
d’ogni auretta gentil, cantava un giorno.

Annetta intanto in riva al fiumicello
gettava l’amo ai pesci, ma costoro
sen ivano bel bello
pei fatti loro.
Credette a torto il bravo Pastorello
col suon, che avria commosso anche i leoni,
di muovere i carpioni.

Cantava il Pastorello: - O pesciolini
dell’onda cittadini,
uscite dalla liquida e profonda
grotta ove stan le Naiadi,
a contemplar sull’onda
un viso assai più bello, -
cantava il Pastorello.

- Se voi verrete,
non vi terrà costei dentro una rete,
ma in lieto acquaio assai graziosamente
vi nutrirà costei.
Che se a qualcun la sorte
portasse anche la morte,
o soave morire in man di lei,
o morte ch’io dimando inutilmente! -

Non men che muti sono sordi i Pesci,
che fanno il nesci a questo eccitamento.
Ebbe un bel predicar Tirsi, la predica
se la portava il vento.
Allor tende la rete e in un momento
piena la vede
e pone i Pesci della bella al piede.

O voi, pastori d’uomini
e non di pecorelle,
che vi credete muovere la mente
diversa della gente
colle parole belle,
voi consumate il fiato inutilmente.
Assai meglio farete
a usar la forza e a tendere la rete.