Facezie (Poggio Bracciolini)/192
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Traduzione dal latino di Anonimo (1884)
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CXCII
Del figlio di un principe che in causa della sua
cattiva lingua dovette restar muto
per comando del padre.
Un principe spagnuolo aveva una volta un figlio che per la sua lingua maledica e ingiuriosa erasi procurato molto odio; e per questa cagione il padre gli aveva comandato di tacer sempre, ed egli ubbidiva. Avvenne che entrambi andassero un giorno ad un solenne pranzo del Re, al quale era presente la Regina, e il giovane serviva attentamente come un muto il padre. La Regina, che poco onesta era, credendolo davvero sordo e muto, e sperando che le giovasse, chiese al padre di averlo al suo servizio e l’ottenne; e lo ebbe seco nelle più segrete cose, in modo che fu spesso testimonio delle sue oscenità. Dopo due anni fuvvi di nuovo il convito, e il Re frattanto aveva spesse volte veduto il giovane che tutti credevano muto. Questi stava servendo la Regina, e il Re chiese a suo padre se per caso o per nascita fosse il figlio senza favella; rispose il padre che non era per l’una o per l’altra cosa, ma che ciò era per comando suo, in causa della cattiva lingua che aveva; e il Re lo pregò di dare a suo figlio licenza di parlare. Il padre resistè lungamente, dicendo che ne sarebbe venuto qualche scandalo, ma finalmente, per la preghiera del Re, comandò al figlio di parlare; e questi al Re tosto rivoltosi: “Voi avete, disse, una moglie tale, che non vi è donna pubblica nè più lasciva nè più impudente.” Il Re, confuso, gli proibì di continuare. È di fatti costume di certa gente, che per quanto parlino poco, parlano sempre male.