CXLIV. Di un prete fiorentino che andò in Ungheria

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Poggio Bracciolini - Facezie di Poggio Fiorentino (1438-1452)
Traduzione dal latino di Anonimo (1884)
CXLIV. Di un prete fiorentino che andò in Ungheria
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CXLIV

Di un prete fiorentino che andò in Ungheria.


È costume nel regno d’Ungheria, che, dopo la messa, coloro che sono in chiesa e che han male agli occhi, s’avvicinino all’altare e si facciano bagnar gli occhi dal prete con acqua versata nel calice; nello stesso tempo il sacerdote pronunzia alcune parole dei sacri libri, con le quali egli prega la sanità. Andò una volta in Ungheria un prete di Firenze insieme con Filippo detto lo Spagnuolo; e avendo una volta detta la messa alla presenza del re Sigismondo, quando ebbe finito, vide avvicinarglisi molti malati agli occhi perchè questi egli bagnasse loro coll’acqua del calice. Ed egli, credendo che il male fosse loro venuto per la crapula e il troppo bere, prese il calice, come aveva visto che gli altri facevano, e li asperse, dicendo in italiano: “Andatevene, che siate morti a ghiado.”1 Ciò udì il Re ed Imperatore, e non potè trattenere il riso; e a tavola il dì dopo riportò, per riderne, le parole del prete, che mossero il riso a tutti e l’ira a coloro che avean gli occhi malati.


Note

  1. In italiano nell’originale.