Giuseppe Gioachino Belli

1835 Indice:Sonetti romaneschi IV.djvu corona di sonetti letteratura Er pupo Intestazione 17 dicembre 2024 100% Da definire

L'amore de li morti La datìva riddoppiata
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

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ER PUPO.1

1.

     Che bbèr ttruttrù!2 oh ddio mio che cciammellona!3
No, pprima fate servo4 a nnonno e zzio.
Fàteje servo, via, sciumàco5 mio,
E ppoi sc’è la bbèbbella e la bbobbòna.6

     Bbravo Pietruccio! E ccome fa er giudio?
Fa aéo?7 bbravo Pietruccio! E la misciona?8
Fa ggnao? bbravo Pietruccio! E cquanno sona?9
Fa ddindì? bbraavo! E mmo, ddove sta Iddìo?

     Sta llassù?10 bbraavo! Ebbè? e la pecorella?
Fate la pecorella a zzio e nnonno,
Eppoi sc’è la bbobbòna e la bbebbèlla.

     Ôh, zzitto, zzitto, via: noo, nnu’ la vònno.
Eccolo er cavalluccio e la sciammella...
Eh, sse11 stranissce un po’, mma è ttutto sonno.

20 settembre 1835.


Note

  1. Il puttino. [Dal lat. pupus.]
  2. Che bel cavallo!
  3. Ciambellona.
  4. Far servo: salutar colla mano.
  5. Ciumàco: “cuor mio,„ o altro vocabolo carezzativo.
  6. La cosa bella e la cosa buona.
  7. Grido degli ebrei stracciaiuoli.
  8. Miciona: gattona.
  9. Quando è suonato il campanello di casa.
  10. Così dicendo s’innalzo verso il cielo l’indice disteso.
  11. Si.
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2.

     Ajo,1 commare mia, ajo che ffiacca!2
Tenello3 tutto er zanto ggiorno in braccio!
Mai volé stà4 in ner crino!5 mai p’er laccio!6
Io nu’ ne posso ppiù: sso’ ppropio stracca.

     Lo vedete? Mo adesso me s’attacca,
E mmé la tira inzin che nun è un straccio.
Uf, che vvita da cani! oh cche ffijjaccio!
Làssela, ciscio,7 via: fermo, ch’è ccacca.

     Bbasta, Pietruccio mio, bbasta la sisa.8
Dajjela un po’ de pasce9 a mmamma tua...
Ecco er pianto. Che ggioia, eh sora Lisa?

     Ssì, ssì, mmo jje menàmo ar caporèllo.10
Bbrutta sisaccia, ch’ha ffatto la bbua
A li dentini de Pietruccio bbello.11

20 settembre 1835.

  1. Ahi!
  2. Quale fiacchezza!
  3. Tenerlo.
  4. Voler stare.
  5. Crino è “quel cesto a campana, entro cui si pongono i bambini, perché si addestrino a camminare di per sè stessi, senza cadere.„ [Camminarello, nell’Umbria; cestino, a Firenze.]
  6. Il laccio che loro si attacca dietro le spalle, onde sorreggerli nel camminare. [Dunque: laccio a Roma, lacci a Pistoia, falde a Firenze, dande a Siena, caide ad Arezzo, cigne a Lucca, e chi più n’ha, più ne metta.]
  7. [Vezzeggiativo che s’usa coi bambini.]
  8. Poppa.
  9. Dagliela un poco di pace.
  10. Al capezzolo.
  11. Così fin dai primi momenti della vita, si principia ad educare i bambini alla vendetta delle reali offese e delle immaginarie, contro gli animati esseri e gl’inanimati.