Giuseppe Gioachino Belli

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L'arberone Er quadraro
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834

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ER PROSCESSATO

     Sor avocato mio, er punto forte
C’ariccomanno1 a vvoi quanto so e pposso,
È de spuntà2 cche nun me vienghi addosso
Quella puttana de condanna a mmorte.

     Perchè, ppotenno3 avé lla bbella sorte
D’annà in galerra e dde sartà cquer fosso,4
C’è ssempre poi quarche zzucchetto rosso5
Che in galerra che ssei t’opri6 le porte.

     E ssi mmai7 pe’ ffà spalla8 a la difesa
Bbisognassi9 er zoccorzo d’una vesta,
Spennete puro10 la mi’ mojje Aggnesa.

     Ch’io sò ssicuro ggià cch’er zu’11 demonio
Nun je vojji12 caccià scrupoli in testa
De nun difenne13 er zanto madrimonio.

16 gennaio 1834

Note

  1. Che raccomando.
  2. Di ottenere con ogni sforzo.
  3. Potendo.
  4. Saltare quel fosso: superare quel pericolo.
  5. Qualche cardinale.
  6. Ti apra.
  7. E se mai.
  8. Per aiutare la, ecc.
  9. Bisognasse.
  10. Spendete pure, impiegate pure.
  11. Che il suo.
  12. Non (gli) le voglia.
  13. Di non difendere.