Er fijjo tirat'avanti
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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835
ER FIJJO TIRAT’AVANTI.1
Tra er negozzio de stracci e ll’osteria,
Psé, aringrazziam’Iddio, tanto la strappo.2
Co’ cquer ch’abbusco a Rripa,3 e cquer ch’acchiappo4
Traficanno cqua e llà, se5 tira via.
Làsseme6 intanto venì ssù cquer tappo,7
Quer mi’ raponzoletto8 de Mattia,
E allora poi, deo grazzia, a ccasa mia
C’entrerà ttanto da poté ffà er vappo.9
Mo adesso studia e vva a l’Iggnorantelli10
A ffasse11 omo; e ggià ssur cartolare
Co’ la penna sce fa ssino l’uscelli.
Le lettre lavorate se le spifera12
Co’ ’na lestezza e bbravità, cche ppare
Monziggnor Zegretario de la Zìfera.13
9 febbraio 1835.
Note
- ↑ In carriera di studi.
- ↑ Tanto, campo alla meglio.
- ↑ [Cioè a Ripagrande, che è il porto maggiore sul Tevera; il minore è Ripetta.]
- ↑ Prendo, guadagno.
- ↑ Si.
- ↑ Lasciami.
- ↑ Quel ragazzetto.
- ↑ [Vezeggiativo del nome rapónzolo, il quale s’usa anche a Firenze insieme co’ suoi doppioni raperónzo e raperónzolo.]
- ↑ Da potere sfoggiare. [Cfr. il napolet. guappo.]
- ↑ Scuole Cristiane, o Ignorantelli, guidate da certi frati laici e senza voti, i quali insegnano lettura, calligrafia e aritmetica.
- ↑ Farsi.
- ↑ Se le fa.
- ↑ Cifra. [Così si chiama il prelato palatino, che dal 1814 in poi assunse il titolo e le funzioni di Sostituto della Segreteria di Stato, e che, con l’aiuto dell’officiale cifrista, scrive e interpretra la corrispondenza in cifra della Santa Sede. Per altri particolari, si veda il Dizionario del Moroni.]