Er fattarello de Venafro
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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1837
ER FATTARELLO DE VENAFRO.1
Quanno dunque sia vero sto rifresco,2
Che li poveri frati cappuccini
Fanno mo da serafichi assassini
Pe’ le macchie in onor de san Francesco,
D’ogg’impoi, pe’ ssarvà ppelle e cquadrini
Dal loro amor-der-prossimo fratesco,
Me serro a ccatenaccio; e ssippuro3 esco,
Nun passo ppiù da Piazza Bbarberini.4
E nun zerve de dimmelo5 nemmeno
Ch’ar convento de Roma, o bbene o mmale,
Ciàbbita6 un Cardinal7 che li tiè8 a ffreno.
Pe’ ddavve9 quarch’idea de li rispetti
Ch’hanno pe’ Ssu’ Eminenza er Cardinale,
Ve posso aricordà li bbucaletti.10
31 maggio 1837.
Note
- ↑ Presso Venafro, nel Regno di Napoli, un convento di cappuccini, travestendosi, assaliva e derubava sulla pubblica strada. Recentemente uccisero nella macchia di Torcino il canonico don Alessandro Del Prete insieme col cocchiere di lui, dopo avergli imposto una taglia di 30,000 ducati pel riscatto. La forza s’impadronì degli assassini. Erano frati sacerdoti, col Padre Vicario del convento fra essi. [Quantunquo io sappia che il Belli, senza chiamarsi verista, lavora sempre sul vero, tuttavia l’enormità del fatto m’ha indotto a pregare l’egregio avv. Vincenzo Siravo, sindaco di Venafro, a dirmene qualche cosa; ed egli me lo ha confermato pienamente ne’ suoi punti sostanziali, aggiugendovi altri particolari. Il ricatto del canonico Del Prete e del suo cocchiere avvenne nelle prime ore mattutine del 18 maggio 1837, mentre si recavano da Venafro, patria del canonico, al vicino comunello di Pozzilli, dove egli aveva de’ beni. I malandrini erano cinque o sei, e, passato il Volturno, condussero i due infelici sulle prossime montagne del Molise, imponendo alla ricca famiglia Del Prete la taglia di seimila ducati. Parte di questa somma fu mandata; ma la forza pubblica arrestò il messo sul Ponte Venticinque Archi al Volturno; e poi nella valle tra Monteroduni e S. Agapito nel distretto d’Isernia, riuscì a circondar que’ ribaldi; i quali, stretti così, cominciarono a far fuoco contro la forza; ma prima, uno di loro uccise a fucilate i poveri ricattati. Durante il combattimento, tre o quattro della banda riuscirono a scappare, ma furono presi poco dopo; due invece furono presi lì per lì, e, con gran maraviglia, riconosciuti per frati cappuccini sacerdoti, del Convento di S. Nicandro, a un chilometro da Venafro. Uno era il padre Alfonso da Vasto, al secolo Pietro Vinciguerra, l’uccisore de’ due poveri ricattati. L’altro, il padre Antonio da S. Marco la Catola, colui che aveva invitati all’impresa gli altri tre o quattro furfanti, suoi parenti. Questa scoperta fu come un lampo di luce su tante misteriose ruberie e grassazioni, seguite ne’ dintorni di Venafro in quel tempo. Perquisito infatti il Convento, furono trovate armi e munizioni sotto un altare della chiesa; e si venne in chiaro che i frati avevano costituita una vera e propria associazione di malfattori, diretta dal Padre Guardiano, Lorenzo da Campobasso, che fu anch’esso arrestato. E precisamente a Campobasso si discusse il processo. Il padre Alfonso fu dalla Corte condannato alla pena capitale; il padre Antonio all’ergastolo perpetuo, e il Guardiano e gli altri a pene temporanee. Ma Ferdinando di Borbone, che non si commosse alle lagrime della madre de’ Bandiera, s’inteneri per quel povero padre Alfonso, e gli commutò la pena.]
- ↑ [Questo rinfresco, con immagine diversa, equivale al toscano: “questa piccola bagattella.„]
- ↑ Seppure.
- ↑ Dove in Roma è il convento dei cappuccini.
- ↑ Dirmelo.
- ↑ Ci abita.
- ↑ Il cardinale Ludovico Micara, cappuccino, creatura di Leone XII.
- ↑ Tiene.
- ↑ Darvi.
- ↑ Creato cardinale dal Papa, questi gli conservò la dignità di generale dell’Ordine, che poco prima egli stesso aveagli conferita, conculcando le prerogative del Capitolo. Pel governo tirannico del Cardinal generale i frati lo presero un giorno a colpi di boccali in refettorio. Ora non è più generale, ma dimora in convento. [La sua reputazione di rigidezza era tanta, che quando “affranto dallo infermità più che dagli anni,„ s’avviava in lettiga al conclave da cui uscì eletto Pio IX, molti popolani gli si affollarono intorno, gridando: Viva Sisto V! Al quale augurio vuolsi che il Micara laconicamente e con voce messa rispondesse: Popolo, guarda bene! con me non ti mancherebbe nè pane nè forca. Parole che rivelano tutto l’uomo.„ Poggi, Op. e vol. cit., pag. 403.]