Giuseppe Gioachino Belli

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Li du' Sbillonesi La madre der cacciatore
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1832

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ER DIAVOLO.

     Un giorno Rugantino1 der casotto,2
Liticanno un goccetto3 co’ la mojje
Pe’ vvia de scerte bbuggere de vojje,
Perze4 la fremma e jje gonfiò5 un cazzotto.

     “Diavolo, porta via sto galeotto,
Che mme sfraggella indóve cojje cojje,„
Strillò Rrosetta:6 e, tràcchete,7 se ssciojje
Un lampo, e scappa er diavolo de sotto.

     Cqua Rrugantino, appena ch’uscì ffòra,
Je disse: “Avete mojje voi, sor diavolo?„
E er diavolo arispose: “Nonzignora.„8

     Ma ddannoje un’occhiata ar capitello,9
Repricò ll’antro: “Nonzignora un cavolo!
Cuesta nun è ccapoccia da zitello.„

Roma, 22 novembre 1832.

Note

  1. Personaggio rappresentante il [popolano] romanesco. Il suo carattere è però quello della presunzione mista alla viltà, e ciò in fatto di contese che va sempre accattando.
  2. Piccolo teatrino ambulante, i di cui fantocci muovonsi per di sotto da una mano introdotta in una specie di veste ch’essi hanno in luogo di gambe. L’indice della mano penetra per via d’un fòro nel capo, e il medio e il pollice nelle due braccia, e così agitati fannosi i fantocci apparire al casotto come affacciati ad un parapetto.
  3. Alquanto.
  4. Perdè.
  5. Scaricò.
  6. Altro personaggio solito ecc.
  7. Suono imitante il romore di una porta o checchè altro che si scuota o subitamente apparisca.
  8. Nonsignore, ma i Romaneschi ed anche molti Romani dicono nonsignora e sissignora anche ai maschi.
  9. Testa.