Epistolario di Renato Serra/A Luigi Ambrosini - 30 maggio 1905
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Roma, 30 maggio 1905.
Mio caro,
lascia passare questi 40 giorni e poi sarò tutto tuo; per ora bisogna ch’io mi contenti a salutarti ed abbracciarti; chè scrivere o parlare più a lungo non saprei d’altro se non dei tormenti di questi tristi giorni. Troppo tristi e cattivi per potersene dolere altro che volgarmente tristamente. Ma passano, passano ... 1
Ho qui innanzi una tua cartolina del 28 settembre; d’un certo tuo scoramento credo che la prima frescura d’autunno - come la primavera i fiori, così l’autunno porta belle donne nelle care città, e arguti pensieri allo spirito, fu detto, - avrà sciolto e sperduto anche i vestigi. Buono a nulla, tu? E allora chi buono a qualcosa? Ma parlami del Petrarca quando mi scriverai, e non di frati. T’abbraccia il tuo.
Note
- ↑ Quando il Serra scrisse questa lettera all’Ambrosini era ricoverato, per una epididimite destra, all’ospedale militare del Celio, reparto venerei, dove era entrato il 27 aprile 1905, appena nominato caporale. Travagliato da vari altri disturbi (febbre, mal di denti, di stomaco, di intestini) ne usciva il 4 giugno con quindici giorni di riposo. Non si sa che cosa significhi questo passaggio dei "40 giorni". Deve essere, come in una lettera alla madre, che egli sperava di passare qualche giorno a Cesena dopo la promozione a sergente. Ciò che non fu.