Elogio catodico del quotidiano/Cap. 2.1

Cap.2.1

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Cap. 2.1 - Così divenni il “Tramviere nemico della nebbia in Val Padana” Intervista esclusiva allo “Spianatore del Turchino”.

Qualche sequenza (o personaggio) per la sua suggestione finisce per restare e fissarsi nell’immaginario individuale o collettivo degli spettatori” [Livolsi 1998, 37]

Quando viene nominata la trasmissione Portobello, del compianto Enzo Tortora, programma andato in onda per sette stagioni per qualche centinaio di puntate complessive, nella quale hanno debuttato importanti soubrette, subito però viene in mente una curiosa proposta diventata quasi una sineddoche del programma stesso lanciata da un “personaggio non televisivo”: Nella puntata del 20 Gennaio 1978, infatti all’interno della rubrica “Inventori e invenzioni”, un guidatore di autobus dell’Atm di Milano, all’anagrafe Pietro Iacono, propose l’abbattimento del passo del Turchino, per togliere la nebbia dalla pianura Padana. Dopo lunghe ricerche ho avuto lo straordinario privilegio di poter intervistare il sig. Iacono, appositamente per questa tesi. “Ogni volta che si parla di Portobello o di soluzioni per togliere la nebbia o lo smog, parlano ancora tutti di questa mia proposta di abbattere il passo del Turchino;, sono passati trentadue anni dalla mia partecipazione alla trasmissione di Tortora ma è come se ci fossi andato ieri sera..” esordisce così l’ex autista Iacono, mostrandosi lui stesso sorpreso del “successo” della sua proposta, riconoscendo che “La mia idea è ricordata proprio perché l’ho sparata troppo grossa”. Indicatore del fenomeno di personaggificazione subita dal sig. Iacono è il fatto che venga ricordato proprio con l’appellativo di “Spianatore del Turchino”, mai con il suo nome “che a volte è stato storpiato in Jacono o Lo Jacono o Dello Jacono, Diacono”. E’ invece rimasta ben impressa la sua professione di guidatore degli autobus per l’Atm di Milano. Fu lo stesso Tortora, nel presentare l’inserzionista ricorrendo all’artificio della lettura in diretta della richiesta di partecipazione al programma a voler sottolineare questo particolare:

Tortora: Non ha fatto un lungo viaggio perché la lettera viene da Milano, (leggendo a voce alta) io sottoscritto, Pietro Iacono di anni 43, scusi, professione? Non c’è scritto; cosa fa? Spianatore: Faccio il guidatore degli autobus presso l’Atm di Milano T: Studioso di astrofisica e della meteorologia. Desidero partecipare a Portobello dove esporrò un progetto su come far sparire la nebbia nella Valle Padana, per sempre!! T: Lei è molto categorico, e anzi direi proprio… S:Sono telegrafico; ma sicuro! T: Mi fa molto piacere...perché il problema della nebbia, visto che lei guida gli autobus per noi milanesi o importati o nati a Milano è angoscioso… S: (interrompendo) Io desidero far presente che sono nato ad Aragona, in provincia di Agrigento e da vent’anni vivo a Milano. T: Come questo problemaccio della nebbia che ci mangiamo quotidianamente: anche stasera sono arrivato e incominciava a profilarsi…?

Nelle parole di Lombezzi [1978, 502] infatti

la stessa impressione suscitano i tortuosi percorsi, le arcane motivazioni che legano i personaggi e gli oggetti (sempre in qualche modo “biografici”) che approdano a Portobello. Dalla gratuità caratteriale di certe trovate sino a strane pensate che appaiono come distorsioni del mestiere e della competenza artigiana e commerciale.

“Io cerco di risolvere tutti i problemi della vita quotidiana dalla a alla z,- mi dice Iacono- e un progetto del genere chi poteva farlo? Un autista certo, mica un direttore di banca” E sempre Lombezzi [ibi, 501] nel suo intervento cult “I nuovi mostri, saggio su Portobello” parla del “lessico parascientifico da Carosello di alcuni inventori dallo Spianatore del Turchino (“lasciate che mi spogli di queste vesti di tranviere e vi esponga le discipline che conosco: chimica, fisica violenze nell’atmosfera” ).

Il tranviere Iacono appare così al pari di un professore di geografia costretto a malincuore per farsi capire dal suo uditorio, a dover mescolare termini geografici da sussidiario con similitudini da casalinga indaffarata nelle faccende di casa, con una faticosa e a tratti quasi dolorosa “regressione linguistica”.

T:Come, qual è il concetto, mi consenta? Sono veramente curioso… S:Il principio è semplice: è quello (pausa) lo stesso di cambiare l’aria in una stanza…Che cosa facciamo noi? apriamo o due finestre o una porta e una finestra, in questo caso si crea un movimento circolatorio d’aria e si cambia l’aria in una stanza. T:Mi perdoni, ma questo in una camera, ma così su spazi un po’ più ampi… S (avvicinandosi a una carta geografica dell’Italia):Col suo permesso…; io propongo di aprire una finestra in val Padana, in quanto la porta ce la abbiamo già, come potete vedere da Trieste alle Venezie. Io propongo di aprire una finestra!

Nel caso di questa curiosa proposta per risolvere il problema della nebbia, si può notare una grande incidenza della tortuosità dei percorsi biografici sia dell’«inserzionista» sia anche paradossalmente dello stesso conduttore televisivo: il primo si presenta come un tranviere ossessionato e spaventato dalla nebbia e rivendica con orgoglio la sua origine sicula, ben lontana dalla cosiddetta “Nebbia in val Padana” come da radiofonica definizione. « Io desidero far presente che sono nato ad Aragona, in provincia di Agrigento e da vent’anni vivo a Milano ». Ma, per ironia della sorte, sarà proprio il genovese di origine campana Tortora (che si autoinclude nella categoria dei “Milanesi o nati o importati a Milano”) in nome e per conto dei quali sembra offrire cassa di risonanza alla curiosa proposta in onda dagli studi di Milano in una sera di gennaio in cui ricorda che «il problemaccio della Nebbia che ci mangiamo quotidianamente, anche stasera sono arrivato e incominciava a profilarsi….». Nonostante la professionalità, Tortora, sentendo la proposta, per evidente spirito di campanilismo non riesce a trattenere una sensazione di stupore con alcuni elementi di preoccupazione al punto da essere addirittura rimproverato dallo stesso inserzionista.

S:c’è un solo punto dove aprire la finestra. Qui sul passo del Turchino a Genova Voltri. T (Tortora allibito): Ahi! Scusi mi è scappato…arriviamo… S (infastidito):Vabbé, se mi fa perder il filo va a finire che… (applauso) T:Non voglio aprire le correnti, la prego, la prego… S: Altrimenti andiamo per…(tono deciso) il passo del Turchino, signori, spianare il piano del Turchino! T: Mi scusi... S:Prego, prego, tanto mica sono di fretta… T:Mi perdoni, io sono di quelle parti; Che cosa intende per spianare il passo del Turchino? S:Abbassarlo fino al livello del mare, senza tutte quelle curve. T (ironico): Mi perdoni se insisto: ma ci abita della gente, credo?

“Io sono intervenuto perché a Genova, per costruire il porto di Voltri, avevano previsto di spianare il monte Amendola che si trova a fianco del Turchino per avere materiale con cui fare il riempimento della calata a mare”. Iacono per validare la credibilità della proposta che sta esponendo in televisione, curiosamente usa come rafforzativo una citazione metatelevisiva riguardo la fonte della notizia per la costruzione del nuovo porto di Voltri: “E’ ufficiale! Lo ha detto il telegiornale!”. Come ricorda anche Renato Stella [1999, 8]

Negli anni sessanta e settanta non era inusuale sentir ripetere che un certo evento o circostanza erano veri perché «lo aveva detto la televisione». Tale sicurezza poggiava su una presunzione di corrispondenza motivata tra ciò che la televisione rivelava e ciò che era accaduto. Nessuno osava immaginare che la televisione mentisse.

Come ricorda anche Eco [1983, 170] «Conta sempre meno se la televisione dica il vero, quanto piuttosto che essa sia vera che stia davvero parlando al pubblico e con la partecipazione (anch’essa rappresentata come simulacro) del pubblico»

«Io scrissi una lettera per partecipare alla trasmissione con la mia proposta,-mi racconta Iacono- ma la Rai non voleva fare brutta figura: così, mi telefonò per chiedermi se me la sentissi di affrontare un esame con otto professori universitari di fisica. Era un mercoledì, mi presentai in Rai. Io ero da solo e dovevo esporre la mia teoria davanti a otto professori e questi rimasero meravigliati… uno di loro disse “A volte il vero talento è nelle persone nascoste”. Il giovedì mi arrivò a casa un telegramma che mi invitava in trasmissione per il giorno successivo. Così andai in Rai il venerdì pomeriggio. Conobbi Tortora che appariva divertito dalla proposta e facemmo una prova, anche se poi quando siamo andati in diretta non c’era alcun copione da seguire...e il giorno dopo se ne parlava in tutta Italia. La gente mi fermava per strada, ognuno voleva sentirsela ri-raccontare di nuovo e ognuno voleva fare i suoi commenti… Anche quando ero a lavorare, allora guidavo l’autobus sulla linea Milano-Cinisello Balsamo, i viaggiatori mi riconoscevano, non mi rivolgevano la parola perché non si poteva ma vedevo che facevano risolini, o sentivo che tra di loro commentavano la mia proposta di abbattere il Turchino…».”

Durante l’esposizione della sua proposta, il tranviere Iacono ostenta decisione e convinzione, nonché una straordinaria padronanza del mezzo televisivo, quasi al pari di un conduttore o di un annunciatore professionista. L’esperto presentatore Tortora arriva addirittura a dirgli:

T:Mi perdoni, ma Lei assomiglia al colonnello Bernacca in questo momento in un modo terribile… S:Speriamo che non mi veda, altrimenti potrà pensare che gli voglio rubare il lavoro, in questo momento.

A trasmissione ancora in corso, incominciarono ad arrivare centinaia di telefonate di protesta da parte di abitanti del Turchino e dei dintorni. Come ricorda Paola Ferrari, all’epoca una delle “Centraloniste” della trasmissione al quotidiano Il Giornale, in occasione della morte di Reneè Longarini, “Quella sera che un tale chiamò per dire che aveva la soluzione per eliminare la nebbia in val Padana: sarebbe bastato spianare il passo del Turchino. Figurarsi gli abitanti di quella zona, sembravano impazziti: i telefoni andarono in tilt, ma Renée con la sua freddezza riuscì a tenere la situazione sotto controllo.”

Nelle parole di Aldo Grasso [2000, 323]

Un capitolo a parte meriterebbe la descrizione di coloro che telefonavano per attivare la macchina degli scambi: è il primo grande pubblico interattivo, composto di acquirenti, benefattori, pretendenti, «sciacalli» (memorabile la burla di tre giovani critici cinematografici che a nome della Cineteca di Milano compravano rari film delle origini), è l’Italia del sommerso (pre-Lega lombarda) che interviene per «mettere le cose a posto», è il tentativo di «dare una scossa» al grigiore provinciale del quotidiano (tutto pubblico che poi finirà fra le grinfie della Carrà, di Boncompagni, di Funari e soprattutto di Guardì).

Secondo Lombezzi [1979, 503]

E’ a questo punto che bisogna parlare di un altro repertorio altrettanto ricco di personaggi, che la macchina spettacolare di Portobello evoca ma “trattiene” fuori-campo. Sono i protagonisti della suspense della trasmissione: quelli che telefonano. Acquirenti, Pretendenti, Adiuvanti e Benefattori. Sta a loro chiudere le serie narrative aperte dai desideri degli “inserzionisti”, “coniugare” la mancanza con l’adempimento. E’ il vero pubblico di Portobello. Quello in sala non è che claque e décor.

E sempre nel noto articolo “TV: la trasparenza perduta” Eco [1983, 171] interviene sottolineando come

Il telefono di Portobello, e di trasmissioni analoghe, mette in contatto il gran cuore della televisione con il gran cuore del pubblico. E’ il segno trionfante dell’accesso diretto, è ombelicale e magico. Voi siete noi, voi potete entrare a far parte dello spettacolo. Il mondo di cui la tv vi parla è il rapporto tra noi e voi. Il resto è silenzio.

Nelle parole di Veltroni [1992, 196]

Ciascuno per partecipare si chiude in una cabina, proprio come quella del Signor Mike, in attesa della telefonata che lo farà “svoltare”. In realtà, in questo gioco si produce uno straordinario mutamento di prospettiva, il cui mezzo fondamentale è il telefono, che fu con “L’altra Domenica” e “Portobello” il segnale di riconoscimento della Rete Due del Post Riforma. I primi processi in Tv e l’espansione del telefono segnarono così la rottura dell’impenetrabilità ufficiale della Rai bernabeiana e la sensibilità del mezzo televisivo nei confronti dei “linguaggi” e dei mezzi poveri sperimentati in quegli anni, dalle radio locali. Proprio per questo l’uso del telefono in Portobello era di assoluta importanza. E nel mercatino si operava un rivolgimento singolare a rispondere al pubblico, in diretta, non era l’esperto né il conduttore ma era il cittadino qualunque che diventava terminale della folla muta, tanto che capitò che Edoardo De Filippo telefonasse in diretta a un povero operaio napoletano. Ruoli rovesciati per la prima volta in Tivù.

Succede così che a rispondere delle lamentele per disservizi della pubblica amministrazione non saranno anonimi consiglieri comunali o capi sezione, ma leader di partiti nazionali. A telefonare in diretta per aiutare una bambina che in trasmissione chiede aiuto per poter comprare un’enciclopedia che le serve per poter studiare sarà Leonardo Mondadori in persona, che inizia la conversazione con Tortora presentandosi semplicemente con il suo nome e cognome. Il presentatore genovese non potrà nascondere il proprio stupore, chiedendo se il generoso interlocutore sia proprio “Ma Leonardo Mondadori, l’Editore?”

La contemporaneità è esplicitata alla pari di altre trasmissioni, dall’annuncio che precede il programma: “in diretta dagli studi… vi trasmettiamo” dalla presenza continua di scritte in sovraimpressione che indicano i numeri di telefono che i telespettatori possono comporre per intervenire in prima persona nel programma. La formula di retroazione si estende a tal punto da coincidere con la struttura portante della trasmissione: la marca fondamentale di Portobello è il telefono. Tutto l’apparato scenografico dello studio (cabine, centraline, signorine filtro) è funzionalizzato alle telefonate degli spettatori. I momenti di maggior intensità partecipativa coincidono con le chiamate del pubblico. La stessa imprevedibilità dell’esito del programma è legata all’arrivo di telefonate capaci di attualizzare i destinatari iscritti nel testo [Fondaz Agnelli 921-922].