Elegie romane/II/In un mattino di primavera
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | II - Il vóto | II - Il meriggio | ► |
IN UN MATTINO DI PRIMAVERA
Era il mattino. Un grave sopore teneva la donna
2misera; su’l guanciale pallido men di lei.
Fredda, composta, immota, parea profondata nel sonno
4ultimo, ne la pace ultima, su la bara.
Alito non s’udiva. Parea che le labbra premute
6fossero da la Morte, tanto eran chiuse e pure.—
Non ti destare, non ti destare — pregai nel segreto
8cuore — se vuoi ch’io t’ami! Sieno per sempre chiuse
queste tue labbra; e ancora, ancora saranno divine.
10Ritroverò per queste labbra i sovrani baci.
Ritroverò la mia più lenta carezza per questa
12fronte che amai, per queste gote che amai, per queste
pàlpebre al fin su ’l tuo dolce insostenibile sguardo
14chiuse; e per queste chiuse labbra i sovrani baci!