Egloghe (Chiabrera 1608)/I
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I.
EGLOGA. I.
ERGASTO
Che s’infiorano i prati; et io pensoso
3Moveva lento il piè lungo il Mugnone;
Pochi passi mutai, che dove ombroso
In alto si solleva un bel Cipresso
6Vidi Ergasto seder sul prato erboso;
Crespa fronte, irto crin, ciglio dimesso,
Nulla havea di letitia, in mezo a’ fiori
9Giacea la lira, et ivi l’arco appresso;
Poiche dietro al pensier de suoi dolori
Per lungo spatio àndò da se lontano,
12Trasse dal mesto petto un sospir fuori;
Indi la lira sollevò dal piano
Con la sinistra, e già disposto al canto
15Recossi l’arco ne la destra mano;
Ove le corde hebbe tentate alquanto
Ricercando su lor tuono di guai
18Fece si fatte udir note di pianto;
Veggonsi sù l’April ranci gli herbai
Da che ti ci furò nostra sventura
21Ne qui più Tirsi odorano i rosai;
Sempre sta sù quest’aria un’uggia oscura,
Ben dovuta compagna a’ nostri duoli,
24Onde più messe omai non si matura;
Posano in secco tronco i loro voli,
E dolenti cominciano i Fringuelli,
27E rispondono mesti i Rosignoli;
E con lungo bebù capre, et agnelli
Schifano i rivi, e le più molli herbette;
30Ne mugghiano, ma piangono i vitelli;
Le tessute ghirlande à lor dilette
Odian le Ninfe; e da fioriti prati
33Per gli erti monti se ne van solette;
Cessano tra Pastori i balli usati,
Ne possono fra noi cetere udirsi,
36Et à sampogne non si dan più fiati;
Ben è di dura quercia il petto, o Tirsi,
Che può non iterar gravi lamenti
39Senza per la tua morte intenerirsi;
Io certamente il suon de miei tormenti
Sempre farò sentir quinci d’intorno
42Stancando l’aria con dogliosi accenti;
Qui tacque Ergasto; e venne meno il giorno.