Donne e Uomini della Resistenza/Walter Fillak
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Walter Fillak
Nato a Torino il 10 giugno 1920, impiccato a Cuorgné (Torino) il 5 febbraio 1945, studente.
Per la sua attività "sovversiva", Fillak fu espulso dal Liceo scientifico che frequentava a Genova e dovette continuare privatamente gli studi. Seguiva i corsi di chimica all'Università quando conobbe Giacomo Buranello , altro studente antifascista. Con lui fu arrestato nel 1942 e deferito al Tribunale speciale. Tornò in libertà il 25 luglio del 1943. Dopo l'8 settembre, con il nome di battaglia di "Gennaio" Fillak entra, sempre con Buranello, nei GAP di Genova, Ricopre quindi l'incarico di commissario politico della III brigata Garibaldi Liguria. Quando la brigata, dopo un violento attacco delle truppe tedesche, si disperde, Fillak, dopo molte peripezie raggiunge la Valle d'Aosta. Con lo pseudonimo di "Martin" comanda la LXXVI brigata Garibaldi, che ha tra le sue zone d'operazione anche il Biellese e il Canavesano. Con i suoi uomini Fillak - che ebbe a teorizzare che, "salvo imprevisti", la guerriglia può risultare vincente, anche in presenza di massicci rastrellamenti, se i reparti partigiani in armi sono compatti - partecipò con successo a molti scontri contro i tedeschi e le forze armate della Rsi. Una delazione, un tragico "imprevisto", portò "Martin" alla morte. Nei pressi di Ivrea, Fillak e l'intero comando partigiano, salvo il vicecomandante che si era allontanato per assolvere ad un incarico, caddero in mano ai nazisti. Portato a Cuorgné e processato dal locale Comando tedesco, "Martin" fu condannato a morte. Quando gli fu concesso di mandare una lettera di addio al padre e alla madre, Walter Fillak scrisse: "Per disgraziate circostanze sono caduto prigioniero dei tedeschi. Quasi sicuramente sarò fucilato. Sono tranquillo e sereno, pienamente consapevole d'aver fatto tutto il mio dovere di italiano e di comunista". Fillak non fu fucilato, ma impiccato lungo la strada per Alpette. Spezzatosi il cappio durante l'esecuzione, i tedeschi la ripeterono con estrema crudeltà.
Fonte del testo: ANPI - Associazione Nazionale Partigiani d'Italia