Donne e Uomini della Resistenza/Trentino La Barba
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Trentino La Barba
Nato a Lanciano (Chieti) nel 1915, massacrato dai tedeschi a Lanciano il 6 ottobre 1943, operaio cordaio, Medaglia d'Oro al Valor militare alla memoria.
La motivazione della massima ricompensa al valore concessa alla memoria di Trentino La Barba dice: "Nobilissima tempra di patriota, si votava tra i primi con purissima fede e straordinario coraggio alla lotta armata contro l'aggressione nazi-fascista. Sfuggito dalla prigionia in Germania e rientrato in Lanciano aderiva con entusiasmo al movimento insurrezionale lancianese. Durante un'azione di sabotaggio, che aveva procurato gravi danni al nemico, dopo aver brillantemente dimostrato coraggio e personale valore, veniva catturato. Sottoposto ad estenuanti interrogatori e torture, non rivelava i nomi dei capi del movimento chiudendosi in un generoso mutismo. Il suo fiero contegno esasperava gli aguzzini che barbaramente gli strappavano gli occhi prima di trucidarlo. Eroico luminoso esempio di virtù militari e di assoluta dedizione alla Patria". L'8 settembre del 1943, questo giovane lancianese di origine contadina, si trovava - dopo aver combattuto in Albania come mitragliere del 226° Reggimento fanteria della Divisione "Arezzo"- presso il deposito reggimentale di Molfetta (Bari). Catturato con i suoi commilitoni ed avviato verso la prigionia in Germania, La Barba riuscì a fuggire e a raggiungere fortunosamente il suo paese. A Lanciano il giovane si impegnò nella Resistenza e fu tra gli organizzatori delle prime bande partigiane "Gran Sasso", che diedero subito molto filo da torcere ai tedeschi. Il 4 ottobre La Barba, dopo aver assaltato con i suoi compagni le caserme dei carabinieri, della guardia di finanza e della milizia ed essersi rifornito di armi, attaccò in contrada Pozzo Bagnaro una colonna motorizzata germanica mettendo in fuga i soldati tedeschi. Stava compiendo un altro analogo assalto, quando fu catturato dagli occupanti che, dopo averlo inutilmente torturato per ottenere informazioni, lo caricarono su un camion e, per terrorizzare la popolazione, lo portarono a Lanciano, nel viale dei Cappuccini. Qui il valoroso giovane fu legato ad un albero e i tedeschi gli intimarono ancora una volta di parlare. Di fronte al silenzio di La Barba, i tedeschi gli cavarono con un pugnale gli occhi dalle orbite e poi lo finirono a colpi di pistola. Ne ottennero la reazione popolare, che divampò a Lanciano la sera del 5 ottobre e si protrasse per tutta la giornata successiva, in decine di scontri tra i cittadini male armati e i soldati. Il bilancio fu di quarantasette morti tra gli occupanti, dieci partigiani caduti e altre dodici vittime delle successive rappresaglie dei nazifascisti. Lanciano (che è stata poi decorata di Medaglia d'oro), fu messa a ferro e a fuoco e quando, due mesi dopo, gli Alleati giunsero in città, i lancianesi furono sottoposti per mesi e mesi a bombardamenti aerei tedeschi, che fecero altre cinquecento vittime.
Fonte del testo: ANPI - Associazione Nazionale Partigiani d'Italia