Donne e Uomini della Resistenza/Sandro Curzi

Sandro Curzi

Nato a Roma il 4 marzo 1930, deceduto a Roma il 22 novembre 2008, giornalista comunista.

È stato, forse, il più giovane combattente della Resistenza romana ed è stato, sicuramente, il più giovane iscritto al Partito comunista, visto che la sua iscrizione nel 1944 avvenne in deroga allo statuto. Ha scritto Pietro Ingrao in occasione della scomparsa di Curzi: "... Aveva appena 13 anni quando al liceo Tasso impattò con quel gruppo di studenti raccolti attorno a Alfredo Reichlin, che presto si gettarono nella Resistenza romana e -ancora agri - iniziarono a militare nel PCI". Il suo primo articolo, su uno studente ucciso dai fascisti repubblichini, Sandro Curzi lo scrisse, appunto, su l'Unità clandestina, quotidiano al quale sarebbe approdato nel 1959, dopo essere stato segretario della Federazione giovanile comunista e aver fondato Nuova Generazione . Negli anni'70 Curzi fu vice direttore di Paese Sera e fu poi direttore del quotidiano di "Rifondazione comunista", Liberazione , sino a che non assunse, alla RAI la direzione del TG3 . Proprio a questa trasmissione un ex comunista come Giuliano Ferrara appioppò il nomignolo, che Curzi ritenne gratificante, di "Telekabul". E, infatti, con la direzione di Curzi, il TG3 rivoluzionò il modo di fare informazione politica. Fu sempre Curzi ad innovare alla RAI, anche con la introduzione, nel 1987, della prima "rassegna stampa" o con l'invenzione, con Santoro, del programma Samarcanda , poi soppresso dai vertici dell'azienda. Al momento della sua morte, Curzi faceva ancora parte del CdA della RAI. Sui problemi delle emittenti televisive e radiofoniche aveva scritto, con Corradino Mineo, il libro Giù le mani dalla tv . Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato alla famiglia Curzi il seguente messaggio: "La notizia della scomparsa di Sandro Curzi mi colpisce e addolora. È stato uomo di schietta passione politica e di sempre viva non comune cordialità umana. Le aspre polemiche che lo coinvolsero nel periodo della sua massima responsabilità giornalistica non lo indussero mai ad astiose chiusure né ad alcuna attenuazione della sua autonomia di giudizio e del suo senso delle istituzioni. Tanto meno ne fu scalfito il suo profondo attaccamento al servizio televisivo pubblico, com'è testimoniato dal suo impegno negli ultimi tempi. A Bruna Bellonzi e a tutti i familiari esprimo la mia affettuosa partecipazione e quella di mia moglie Clio nel segno di una antica amicizia".