Donne e Uomini della Resistenza/Rurik Spolidoro
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Rurik Spolidoro
Nato a Livorno il 6 settembre 1923, morto a Mauthausen (sottocampo di Gusen 2), il 24 aprile 1945, laureato in Giurisprudenza, Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.
Studente brillantissimo (a sedici anni era stato ammesso alla "Normale" di Pisa; a diciannove, quando già era diventato sottotenente degli Alpini, aveva conseguito la laurea in Legge col massimo dei voti e la lode e si era subito iscritto a Scienze politiche), Spolidoro, al momento dell'armistizio, era in servizio a Santa Marinella (Roma), come ufficiale del 10° Reggimento Arditi sabotatori paracadutisti. Col suo reparto il giovane ufficiale si oppose ai tedeschi, ma finì per cadere prigioniero. Avviato alla deportazione, riuscì ad evadere e a riprendere la lotta contro i nazifascisti. La motivazione della MdO ricorda così le imprese e il sacrificio di Rurik Spolidoro: "... audacemente evaso durante il viaggio, peregrinò attraverso territori controllati dai tedeschi riparando in Svizzera. Tornato in Patria entrava a far parte delle formazioni partigiane, prodigandosi senza tregua nel servizio di informazioni, in rischiose ricognizioni e per l'organizzazione della raccolta di materiali aviolanciati dagli alleati. Più volte inseguito ed ancora una volta catturato, riusciva nuovamente a fuggire, trovando riparo presso una Brigata garibaldina dislocata in montagna. Caduto in un'imboscata tesagli da otto SS tedeschi camuffati da abiti civili, veniva arrestato per la terza volta e dopo avere subito segregazione, percosse e torture che non valsero a piegare la fiera tempra, veniva deportato nei gelidi campi di concentramento della Germania, ove, disfatto nel corpo ma non domo nello spirito, esalava l'estremo anelito invocando la Patria lontana". Del sacrificio di Spolidoro ha reso testimonianza, nel 1958, Pietro Caleffi nel libro Si fa presto a dire fame. Alla memoria del giovane, l'Università di Pisa ha concesso la laurea "ad honorem" in Scienze politiche. La sua città natale gli ha dedicato una via.
Fonte del testo: ANPI - Associazione Nazionale Partigiani d'Italia