Donne e Uomini della Resistenza/Giorgio Marincola

Giorgio Marincola

Nato a Mahaddei Uen (Somalia) il 23 settembre 1923, caduto a Stramentizzo, presso Castel di Fiemme (Trento) il 4 maggio 1945, studente, Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria.

Una mostra allestita nel 2005 a Roma, al Vittoriano, ha illustrato la storia dell'unico partigiano italo-somalo decorato, alla memoria, di Medaglia d'Oro al Valor Militare. Dice la motivazione della nostra massima ricompensa al valore: "Giovane studente universitario, subito dopo l'armistizio partecipava alla lotta di Liberazione, molto distinguendosi nelle formazioni clandestine romane per decisione, per capacità, per ardimento. Dopo la liberazione della Capitale, desideroso di continuare la lotta, entrava a far parte di una missione militare e nell'agosto 1944 veniva paracadutato nel Biellese. Rendeva preziosi servizi nel campo organizzativo e in quello informativo ed in numerosi scontri a fuoco dimostrava ferma decisione e leggendario coraggio, riportando ferite. Caduto in mani nemiche e costretto a parlare per propaganda alla radio, per quanto dovesse aspettarsi rappresaglie estreme, con fermo cuore coglieva occasione per esaltare la fedeltà al legittimo governo. Dopo dura prigionia, liberato da una missione alleata, rifiutava di porsi in salvo attraverso la Svizzera e preferiva impugnare ancora le armi, insieme ai partigiani trentini. Cadeva da prode in uno scontro con le SS germaniche, quando la lotta per la libertà era ormai vittoriosamente conclusa". Giorgio Marincola era nato presso Mogadiscio, dalla relazione tra suo padre, Giuseppe, ufficiale di fanteria in servizio nella Colonia somala, e una donna del luogo, Ashkiro. Quando il padre di Marincola torna in Italia, porta con sé Giorgio e la sorella Isabella. A Roma il ragazzo frequenta il liceo. Ha tra i professori Pilo Albertelli , che sarà poi trucidato alle Fosse Ardeatine. Nel 1941 Giorgio si iscrive a Medicina, ma non ha modo di concludere gli studi. È attivo nel Partito d'Azione, partecipa alla difesa di Roma, e si unisce poi alle prime formazioni partigiane operanti nel Viterbese. Dopo la liberazione della Capitale, Marincola si arruola, col grado di tenente, nella "Special Force" del Comando alleato. Paracadutato in Piemonte, il "tenente Giorgio" (ma utilizzerà anche gli pseudonimi di "Marcuzio", "Mercurio" e "Marino", dal cognome di uno zio col quale era cresciuto), organizza nel Biellese azioni di sabotaggio e attacchi contro le forze nazifasciste. È catturato dai tedeschi il 17 gennaio 1945, nei pressi di Zimone (BI), mentre era di ritorno da una missione a Milano per conto dell'organizzazione "Franchi". Portato a Biella presso Villa Schneider, "Marino" è costretto a parlare alla nazifascista "Radio Baita", per inviare un messaggio ingannevole che farebbe cadere in trappola i suoi compagni. Lui ne approfitta per dire: "Sento la patria come una cultura e un sentimento di libertà, non come un colore qualsiasi sulla carta geografica. La patria non è identificabile con dittature simili a quella fascista. Patria significa libertà e giustizia per i popoli del mondo. Per questo combatto gli oppressori". La trasmissione è interrotta e Giorgio è massacrato di botte. Trasportato prima all'ospedale di Biella, poi nel locale carcere e quindi a Torino, il 15 gennaio il giovane è condannato al lavoro obbligatorio presso la Lancia; ma a febbraio è prelevato per la deportazione in Germania. Gli fanno fare tappa nel campo di concentramento di Gries (Bolzano), e quando, il 30 aprile, viene liberato con gli altri prigionieri del campo, riprende le armi per liberare il Trentino ancora tenuto dai nazisti. Cade presso Cavalese, scontrandosi con un reparto di SS in ritirata che, a Stramentizzo, effettueranno l'ultima strage nazista in Italia (ventisette tra patrioti e civili inermi, massacrati tra Stramentizzo e Molina di Fiemme). Nel gennaio del 1946, l'Università di Roma ha conferito alla memoria di Giorgio Marincola la laurea "ad honorem"; nel 1964, inoltre, al partigiano italo-somalo è stata intitolata una via di Biella. La sua vicenda è raccontata nel libro, a cura di Carlo Costa e Lorenzo Teodonio, Razza partigiana .