Donne e Uomini della Resistenza/Gino Genre
Questo testo è incompleto. |
Gino Genre
Nato a Pomaretto (Torino) il 15 dicembre 1924, fucilato a Ponte Chisone di Pinerolo (Torino) il 10 marzo 1945, meccanico.
Come il fratello Ugo, di due anni più giovane, che sarebbe stato al suo fianco nella Resistenza e nella tragica fine, Gino Genre era occupato come operaio in uno stabilimento del Cotonificio Valle Susa di Perosa Argentina (Torino). Dopo l'8 settembre 1943 i due giovani si uniscono ai partigiani della 5 Divisione alpina GL "Sergio Toia", che opera prima in Val Germanasca e poi in Val Pellice. Gino è comandante di squadra (la stessa in cui suo fratello è caponucleo) e insieme prendono parte a numerose azioni contro i nazifascisti. Il 26 gennaio del 1945 i fratelli Genre e altri partigiani, in località Piantà di Torre Pellice, sono catturati dai tedeschi, che li trasportano a Pinerolo e li rinchiudono nella locale caserma dei Carabinieri. I prigionieri, successivamente, sono consegnati alle Brigate Nere. I fascisti valutano che la loro sconfitta sia ormai prossima, sanno che un altro fratello dei Genre è in un campo di concentramento in Germania e, per precostituirsi una dimostrazione di generosità, offrono a Gino e Ugo (condannati a morte), che uno dei due sia deportato. Decisi a non separarsi, i fratelli rifiutano. Alle 17 del 10 marzo sono prelevati dalle loro celle e portati a Ponte Chisone, dove un plotone di soldati tedeschi e di brigatisti neri di Pinerolo li fucila con altri cinque patrioti (Raffaele Giallorenzo, Mario Lossani, Luigi Ernesto Monnet, Luigi Palombini e Francesco Salvioli). Due giorni prima della fucilazione, Gino Genre aveva scritto ai genitori (anche a nome di Ugo), una lettera (oggi conservata a Milano presso l'Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione in Italia - Ferruccio Parri ) nella quale, prima di morire, oltre a chiedere le preghiere del suo pastore valdese, diceva: "...non abbattetevi tanto perché, cosa volete, è il nostro destino, e da questo non si scappa. Moriremo con la testa alta. Cara mamma, cerca di farti forza perché hai ancora due figlie in terra da allevare ed istruire nella giusta via e abbiamo ancora un fratello che spero ritornerà e allora saprete che cosa dirgli di noi...".
Fonte del testo: ANPI - Associazione Nazionale Partigiani d'Italia