Donne e Uomini della Resistenza/Gino Agostino Antoniol

Gino Agostino Antoniol

Nato a Sovramonte (Belluno) nel 1911, caduto in Val Corsaglia (Cuneo) il 15 marzo 1944, operaio, Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

Emigrato ancora ragazzino con la famiglia in Francia, era tornato in Italia per il servizio di leva. Aveva assolto all'obbligo nel Battaglione "Feltre" del 7° Reggimento alpini finché, nel 1933, era stato congedato. Meno di due anni dopo, ecco Antoniol di nuovo in divisa, inquadrato nel Battaglione "Pusteria" impiegato in Africa Orientale. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, nuovo richiamo e l'invio con formazioni alpine in Albania e poi in Montenegro. L'operaio, che intanto è diventato sergente maggiore, all'annuncio dell'armistizio è fra i primi combattenti nelle formazioni partigiane del Cuneese. Comandante di un reparto della 5a Divisione alpina "Corsaglia", Antoniol, nel marzo del 1944, si scontra, nei pressi di Fontane (Cuneo), con preponderanti forze tedesche. Cade con le armi in pugno, come ricorda la motivazione della decorazione alla memoria che suona: " Sottufficiale di elevati sentimenti ed animato da vivo amor patrio, si arruolava tra i primi nelle file partigiane altamente distinguendosi per slancio entusiastico e per coraggiosa fermezza. Organizzatore capace e comandante esemplare, portava il suo reparto ad alto livello per spirito combattivo, per addestramento e per efficienza guerriera. Nei duri combattimenti dell'inverno 1943-44 si prodigava in una lotta senza quartiere contro forze soverchianti, contendendo aspramente al nemico il terreno e riconquistando posizioni in disperati attacchi. Nel combattimento della successiva primavera, tenacemente difendeva posizioni di montagna lottando in condizioni di schiacciante inferiorità. Soverchiato il suo reparto da forze superiori, decideva generosamente di offrire la vita per la salvezza dei suoi uomini ed impegnava da solo il nemico col suo mitragliatore dall'alto di un casolare. Fatto segno a violento fuoco e gravemente ferito, continuava a combattere, cadendo alla fine crivellato di colpi, ma con l'arma ancora in pugno".