Donne e Uomini della Resistenza/Franco Calamandrei
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Nato a Firenze il 21 settembre 1917, deceduto a Roma il 26 settembre 1982, giornalista e parlamentare del PCI, Medaglia d'argento al valor militare.
Figlio di Piero Calamandrei , era cresciuto antifascista. Nel 1939 si era laureato in Legge, a Firenze, ma i suoi interessi si erano presto rivolti alla letteratura, tanto che aveva cominciato a collaborare a riviste letterarie quali Rivoluzione e Campo di Marte . Si era da poco trasferito a Roma quando fu annunciato l'armistizio e fin dall'8 settembre 1943 partecipò alla Resistenza. Con il nome di battaglia di "Cola", si distinse per capacità organizzative e coraggio. Capo settore militare dei GAP di Roma, diresse e portò a termine numerose audaci azioni, tra cui quella (con Carla Capponi , Rosario Bentivegna , Pasquale Balsamo e altri gappisti), contro una colonna tedesca in Via Rasella. Di "Cola" vale anche la pena di ricordare che fu protagonista di una rocambolesca fuga dalla "Pensione Jaccarino" di via Romagna che, nella Capitale occupata, era stata adibita a carcere dai torturatori della banda Koch. Dopo la Liberazione, Franco Calamandrei è stato redattore del Politecnico di Elio Vittorini e poi dell' Unità . Per l'organo del PCI è stato corrispondente da Londra (1950-1953), inviato speciale in Cina (1953-1956) e nel Vietnam (1954). Ha diretto uffici centrali di propaganda del PCI, del cui Comitato centrale è stato membro. Nel maggio del 1968 fu eletto per la prima volta senatore. Rieletto, Calamandrei è stato vice presidente della Commissione Esteri del Senato, della Commissione d'inchiesta sulla P2 e della Commissione del Consiglio d'Europa per i rapporti con i Parlamenti nazionali. L'impegno giornalistico e politico non lo ha mai distolto dalla passione per la letteratura. Ne sono testimonianza, tra l'altro, le traduzioni di Marcel Proust e i libri La vita indivisibile. Diario (1941-1947) , stampato nel 1984 dagli Editori Riuniti e rieditato da Giunti nel 1998, e Le occasioni di vivere. Diari (1975-1982) , pubblicato da La Nuova Italia nel 1995.
Fonte del testo: ANPI - Associazione Nazionale Partigiani d'Italia