Donne e Uomini della Resistenza/Eugenio Calò
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Eugenio Calò
Nato a Pisa nel 1906, trucidato a San Polo (Arezzo) il 14 luglio 1944, piccolo industriale, Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria.
Frequentate le scuole professionali, aveva lavorato per alcuni anni nell'azienda paterna. Nel 1929, dopo aver assolto agli obblighi di leva, si era trasferito ad Arezzo, dove si era sposato ed aveva avviato una piccola officina per macchine agricole. La promulgazione delle leggi razziali indusse Calò, di religione ebraica come la moglie, a trasferire la famiglia nel Mugello, ma ciò non bastò a salvarla. Dopo l'armistizio, infatti (mentre il capo famiglia, richiamato alle armi, si trovava a Pistoia come caporal maggiore di Fanteria), i Calò furono arrestati e rinchiusi nel Carcere delle Murate a Firenze. Inutile il tentativo di Calò, che era entrato nella Resistenza, di organizzarne l'evasione. Mesi dopo, l'intera famiglia fu avviata verso il campo di sterminio di Auschwitz. Carolina Calò e i suoi quattro figli (l'ultimo era nato proprio sul carro piombato dei deportati), furono eliminati nella camere a gas. Era il 23 maggio 1944, ed Eugenio Calò, ignaro della tragica fine dei suoi cari, stava combattendo da partigiano nel Casentino, al comando di un battaglione della Divisione "Pio Borri". Dopo frequenti attraversamenti delle linee per tenere i contatti tra i partigiani e il Comando alleato, Calò fu catturato durante l'ennesimo rastrellamento tedesco. Delatore, proprio un soldato germanico che il comandante partigiano non aveva voluto venisse giustiziato dopo la cattura. Imprigionato e portato alla Villa Mancini di San Polo, Calò fu trucidato con altri 47 partigiani e civili che furono percossi, gettati ancora vivi nelle fosse che erano stati costretti a scavare e fatti saltare con cariche esplosive. A Quarrata, in provincia di Pistoia, ad Eugenio Calò è stata intitolata una scuola. Portano il suo nome strade di Firenze e di Arezzo. La motivazione della Medaglia d'Oro alla sua memoria dice: "Rispose pronto al grido della Patria; sapendo moglie e figli catturati, antepose all'amore per la famiglia la fede profonda negli ideali, supremi valori di libertà e di giustizia. Organizzatore e animatore instancabile, pur menomato nel fisico, dette tutto se stesso al consolidamento dei reparti partigiani, affrontando intrepido disagi gravissimi e rischi continui. Combattente, vicecomandante di Divisione partigiana, affermava doti altissime di coraggio e di sprezzo del pericolo che specialmente brillarono nell'attraversare le linee germaniche con un folto gruppo di prigionieri che stavano per essere liberati, e consegnarli alle avanzanti truppe alleate. Catturato durante un attacco di sorpresa, interrogato e seviziato ferocemente conservò il più assoluto silenzio. Il nemico furente ne sotterrò il corpo ancor vivo. Esempio fulgido di dedizione totale alla grandezza d'Italia".
Fonte del testo: ANPI - Associazione Nazionale Partigiani d'Italia