Donne e Uomini della Resistenza/Emilio Chanoux
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Emilio Chanoux
Nato a Rovenaud (Valsavaranche-Aosta) il 9 gennaio 1906, ucciso ad Aosta il 18 maggio 1944, notaio, dirigente politico.
Figlio di un guardacaccia, aveva frequentato le scuole medie presso il Piccolo Seminario di Aosta, che aveva presto lasciato per una profonda crisi religiosa. Ma aveva mantenuto stretti rapporti con l'abate Trèves, strenuo difensore dei principi della "patrie valdotaine". Con il religioso ed un gruppo di giovani fondò, nel 1925, La Jeune Vallée d'Aoste , mirante a difendere le tradizioni e le istituzioni della Valle. L'associazione fu osteggiata in ogni modo dal fascismo, tanto che i suoi convegni dovettero svolgersi clandestinamente e i suoi aderenti furono vessati e perseguitati. Nonostante il suo impegno politico, Chanoux riuscì a laurearsi in Legge a soli ventuno anni, con una tesi sulle minoranze etniche. Fece il segretario comunale a Valsavaranche e a Cogne e infine aprì studio di notaio ad Aosta. Alla morte, nel 1941, dell'abate Trèves, ne assunse l'eredità politica, divenne il capo dell'antifascismo valdostano e fondò il clandestino Comité de libération , con il quale organizzò i primi militanti partigiani della Valle, con una struttura simile a quella del maquis francese. Le spinte autonomistiche crearono qualche problema nei rapporti con il CLN regionale piemontese, ma grazie anche all'impegno dell'operaio comunista Emilio Lexert , la lotta contro i nazifascisti in Val d'Aosta poté svolgersi con successo. Chanoux commise però l'errore di mantenere nel suo studio notarile di Aosta il centro dell'organizzazione antifascista della Valle. Il mattino del 18 maggio del 1944 la polizia irruppe nell'abitazione del notaio. Chanoux tentò la fuga, ma fu bloccato. Tradotto di fronte al questore di Aosta, interrogato sotto tortura da tre ufficiali delle SS, non diede ai suoi carnefici nessuna informazione, nemmeno quando gli arrestarono i famigliari. A sera Chanoux era ridotto in fin di vita. Alla moglie, che gli avevano portato davanti, ebbe soltanto la forza di dire in valdostano: "Non ho parlato, Celeste". Dopo aver finito il dirigente autonomista, i suoi carnefici ne simularono il suicidio e il giorno seguente lo seppellirono, furtivamente, nel cimitero di Aosta.
Fonte del testo: ANPI - Associazione Nazionale Partigiani d'Italia