Donne e Uomini della Resistenza/Don Giuseppe Faè

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Don Giuseppe Faè

Nato a Campomolino di Gaiarine (Treviso) il 4 marzo 1885, deceduto a Montaner di Sarmede (TV) il 13 dicembre 1966, sacerdote.

Ordinato sacerdote nel 1908, aveva partecipato alla Prima guerra mondiale come cappellano militare. Notoriamente antifascista (nei primi anni Venti del secolo scorso aveva lavorato nell’Azione Cattolica di Vittorio Veneto e aveva diretto il settimanale diocesano L’Azione, improntandolo contro la dittatura), don Faè nel 1927 era stato nominato parroco di Montaner, una frazione di montagna che era in pratica una sorta di “confino ecclesiastico”. Qui il sacerdote si adoperò subito perché fosse costruito un asilo e un orfanotrofio e fece erigere una chiesetta intitolata a San Giovanni Bosco e una saletta, poi adibita a teatro e cinema. Queste sue iniziative gli valsero la simpatia e il sostegno dei montaneresi, che furono tutti accanto al loro parroco quando, dopo l’8 settembre 1943, don Faè cominciò ad organizzare gli aiuti agli ex prigionieri di guerra presenti nel paese e ai soldati italiani sbandati. Dalla trasformazione del campanile della chiesa in un deposito di armi alla totale collaborazione del parroco con Giovanbattista Bitto, un comandante partigiano del luogo, il passo fu breve. Purtroppo il parroco antifascista fu tradito da due falsi partigiani e il 27 marzo del 1944 i repubblichini arrestarono don Faè e la sorella Giovanna. Portato a Udine e incarcerato, il sacerdote fu processato e condannato a morte (la sorella fu deportata in Germania, da dove non sarebbe più tornata). Probabilmente per intercessione dell’allora arciprete di Pordenone, Gioacchino Muccin, che sarebbe poi diventato vescovo di Belluno e Feltre, don Faè fu rinchiuso nel seminario di Vittorio Veneto, che divenne la sua abitazione coatta sino alla Liberazione. Da allora il sacerdote cominciò ad essere chiamato e a farsi chiamare “don Galera”. Tornato nel maggio del 1945 alla sua parrocchia, riprese la sua indefessa attività sociale. Grazie al suo impegno i montaneresi ottennero la luce elettrica, il telefono, l’acqua corrente nelle case, un servizio giornaliero di corriere per Vittorio Veneto, l’Ufficio postale, un nuovo edificio scolastico. Nel 1961 il sacerdote fece anche costruire un sacello in onore di Santa Barbara. patrona dei minatori, in ricordo degli operai morti sul lavoro. Ai funerali di don Giuseppe Faè, presente l’allora vescovo di Vittorio Veneto Albino Luciani (che sarebbe poi stato, per un mese, Papa Giovanni Paolo I), parteciparono tutti gli abitanti di Montaner, molti dei quali sarebbero poi passati alla Chiesa ortodossa, allorché le gerarchie cattoliche non vollero che a sostituirlo come parroco fosse chiamato don Antonio Botteon, che per tre anni aveva assistito colui che molti montaneresi consideravano Santo e al quale è stato eretto un monumento e intitolata una via di Montaner.