Donne e Uomini della Resistenza/Aurelio Bussi
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Aurelio Bussi
Nato a Crevacuore (Vercelli) il 28 luglio 1902, ucciso a Crevacuore il 7 marzo 1956, operaio tessile.
Popolarissimo nel suo paese come in tutto il Vercellese, Aurelio Bussi era stato il sindaco della Liberazione a Crevacuore e sempre era stato rieletto, mantenendo la carica di primo cittadino sino a quando non fu proditoriamente assassinato, nel clima esasperato della guerra fredda, da una giovane donna la cui madre era stata, tanti anni prima, giustiziata come spia dai partigiani. La popolarità di Bussi veniva da lontano: militante nel Partito socialista fin dall'adolescenza, nel 1920, divenuto segretario della Lega cartai, aveva diretto uno sciopero che si era protratto per tre mesi. Con la nascita del Partito comunista vi aveva subito aderito e molte volte, agli albori della dittatura, si era scontrato con le squadracce fasciste. Anche durante il fascismo fu attivo dirigente dell'organizzazione comunista vercellese e, per questo, a più riprese arrestato. Dopo l'8 settembre 1943, Bussi aveva dato un grande contributo alla Resistenza, cominciando con l'organizzare il ricovero di ex prigionieri alleati ed il loro trasferimento in Svizzera. In seguito fu tra gli organizzatori del distaccamento garibaldino "C. Pisacane", da cui sarebbero sorte la 50a Brigata d'assalto Garibaldi e la XII Divisione. Bussi fu quindi intendente e responsabile degli approvvigionamenti delle unità garibaldine attive in Valsesia e in Valle Strona. Nel febbraio del 1944 i dirigenti fascisti, che non riuscivano a togliere di mezzo questo organizzatore della lotta partigiana, incaricarono i militi neri del Battaglione M "Tagliamento" di distruggergli la casa. L'incarico fu portato a termine e sulle mura annerite dall'incendio, i fascisti lasciarono scritto a grandi lettere: "Ricordati degli M, un giorno ti fucileranno". Bussi, naturalmente, continuò la sua opera e nel periodo in cui la Valle Sessera divenne "zona libera" vi svolse in pratica, quale presidente del CLN, azione di governo.
Fonte del testo: ANPI - Associazione Nazionale Partigiani d'Italia