Disjecta/II - Nel dí de' morti

II - Nel dí de' morti

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II.

NEL DÌ DE’ MORTI


     Il morire è nulla; è il non
vivere che riesce orribile.


I.

Suonano a festa: olezzan di viole
Le morte zolle e si allegra la terra;
Cantano augelli, sfogliansi le aiuole...
Tacciono i morti e dormono sotterra.

     Inverno riede; Autunno, come suole,
L’ultime gemme de’ fiori disserra,
Ronzano insetti e volteggiano al sole...
Tacciono i morti e dormono sotterra.

     Dormono stesi, immobili, stecchiti
Nell’umido, che stilla entro la fossa,
Col lenzuol roso e co’stinchi imbianchiti.

     O padre mio, una voce mi dice
E mi suona nell’anima commossa
Che tu sei morto e non fosti felice!

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II.

Che felice non fosti! È questo ingrato
Rimembrar che la mia vita addolora,
È il rimembrar che de’ tuoi cari il fato
Non allieti la tua fredda dimora;

     Ma dimmi, per le lacrime, che dato
Mi fia versar su la tua fossa ancora,
D’un’altra vita, in forme altre rinato,
Vedesti o vedi una più lieta aurora?

     Dimmi: pel duolo ond’è l’anima oppressa
Per il negro avvenir, che m’impaura,
È una mercede alla virtù concessa?

Ma tutto è muto! — Il sol dall’alto sferra
Gli ultimi raggi, e sorride natura....
Tacciono i morti e dormono sotterra.